Al MAXXI di Roma, sono stati consegnati i Nastri d’Argento 2025, arrivati alla loro 79ª edizione. È la cerimonia più longeva del cinema italiano, e quest’anno ha segnato un cambio di passo evidente: a dominare sono state le registe, i debutti riusciti e un cinema che sceglie di raccontare la realtà, anche quando è scomoda.
A prendersi la scena è stata Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini, che ha conquistato cinque premi, tra cui miglior film, sceneggiatura e attori protagonisti: Romana Maggiora Vergano, premiata in ex aequo con Valeria Golino per Fuori, e Fabrizio Gifuni. Anche le casting director Laura Muccino e Sara Casani sono state premiate per il lavoro su questo film e su Le assaggiatrici di Silvio Soldini.
L’altro nome forte della serata è stato quello di Greta Scarano, al suo debutto da regista con La vita da grandi, che ha ottenuto il Nastro per il miglior esordio. Il protagonista del film, Yuri Tuci, ha vinto come miglior attore di commedia, ex aequo con Pietro Castellitto, premiato per Diva Futura, film presentato all’ultima Mostra di Venezia e ispirato alla figura di Riccardo Schicchi e alla sua agenzia che lanciò Moana Pozzi e Cicciolina.
Il premio per il Film dell’anno è andato a Diamanti di Ferzan Ozpetek, riconoscimento assegnato dal Direttivo Nazionale a un’opera corale, ambientata nel mondo della sartoria teatrale, premiata anche per l’ensemble femminile – 18 attrici – e per i contributi tecnici che hanno reso possibile un racconto elegante e compatto.

Ma la serata non si è chiusa senza polemiche. Matilda De Angelis, premiata come miglior attrice non protagonista per Fuori insieme a Elodie, ha criticato apertamente la scelta del premio condiviso. “È irrispettoso,” ha dichiarato il giorno dopo in un’intervista, “quando togli la singolarità, togli anche la personalità e l’impegno”. Parole che hanno fatto discutere e che hanno sollevato dubbi su una consuetudine – quella degli ex aequo – che non tutti vivono con leggerezza.
A completare il palmarès, il Nastro alla miglior regia è andato a Gabriele Mainetti per La città proibita, mentre Follemente di Paolo Genovese ha vinto come miglior commedia. Genovese ha ricevuto anche il premio Hamilton – Behind the Camera. Parthenope di Paolo Sorrentino ha raccolto tre Nastri: fotografia, montaggio e colonna sonora, oltre al Premio Biraghi per Celeste Dalla Porta, giovane protagonista. Premiato anche Francesco Gheghi per Familia e per un cameo in Fuori.
Il Premio Speciale BNL BNP Paribas è andato a Familia, film che affronta la violenza domestica con uno sguardo crudo e necessario. Menzione anche per La casa degli sguardi di Luca Zingaretti e per il giovane Gianmarco Franchini, protagonista del film e premiato dalla Fondazione Nobis.

Andrea Segre e Marco Pettenello hanno vinto il Nastro SIAE per la sceneggiatura di Berlinguer – La grande ambizione, mentre Enrico Audenino e Valerio Mastandrea si sono aggiudicati il premio per il miglior soggetto originale con Nonostante.
Infine, tra i riconoscimenti speciali, spicca il Premio Nino Manfredi a Barbara Ronchi, premiata per la sua versatilità tra dramma e commedia, dai ruoli in Il treno dei bambini e Familia fino a quello di segretaria spaesata nel mondo del porno in Diva Futura.
Un’edizione che ha dato spazio a nuove voci, storie complesse, attori giovani e scelte registiche coraggiose. Ma anche un’edizione in cui il sistema dei premi ha mostrato le sue contraddizioni, e in cui il riconoscimento del talento ha sollevato – almeno in un caso – una questione non da poco: cosa vuol dire, davvero, essere premiati.