Un giornalista indipendente australiano, ex studente della Columbia University, è stato trattenuto per 12 ore dagli ufficiali di frontiera degli Stati Uniti, e si è visto negare l’ingresso nel Paese a causa dei suoi scritti sul conflitto israelo-palestinese.
La disavventura di Alistair Kitchen è iniziata la scorsa settimana, quando è arrivato all’aeroporto internazionale di Los Angeles da Melbourne. L’uomo avrebbe poi dovuto raggiungere New York.
“Mi è stato negato l’ingresso, sono stato trattenuto e deportato dagli Stati Uniti alla fine della scorsa settimana a causa del mio reportage sulle proteste studentesche alla Columbia”, ha scritto successivamente Kitchen su X.
Il 33enne ha dichiarato che il suo nome è stato chiamato tramite un altoparlante dell’aeroporto. In seguito, è stato sottoposto a un lungo interrogatorio sui suoi scritti sulle proteste studentesche pro-Palestina alla Columbia University, pubblicati sul suo blog personale, Kitchen Counter. In recenti post sui social, il reporter ha affermato che gli agenti statunitensi “lo stavano aspettando”.
“Sapevano tutto di me”, ha spiegato. “Avevo cancellato la mia presenza online aspettandomi dei controlli digitali ad hoc; non ero preparato alla loro sofisticatezza, al fatto che avessero preparato un fascicolo su di me”.
Kitchen ha inoltre affermato che i funzionari gli hanno detto: “Sappiamo entrambi perché sei stato fermato… è a causa di ciò che hai scritto sulle proteste alla Columbia”.
Subito dopo, per circa 45 minuti gli hanno fatto delle domande sulle sue opinioni riguardo a Israele, Palestina, Hamas e sui suoi rapporti con ebrei e musulmani, nonché su come avrebbe risolto il conflitto in Medio Oriente.
Kitchen ha affermato che gli agenti di frontiera gli hanno chiesto il codice di accesso al telefono e hanno avuto accesso ai suoi contenuti digitali. “Ho scelto di essere obbediente, ed è stato un errore madornale”, ha dichiarato Kitchen al Sydney Morning Herald. “Esorto tutti gli australiani ad accettare l’espulsione immediata invece di ottemperare alla richiesta di consegnare il telefono… È molto peggio, e se vi chiedono il telefono, è improbabile che vi lascino entrare”.
L’intera esperienza è stata descritta da Kitchen come “una delle più dure della mia vita”, affermando che al volo di 15 ore sono seguite 12 ore di detenzione e poi un altro volo di 15 ore per l’Australia. “Ho osservato le proteste della Columbia in qualità di reporter, ma non sono finanziato da nessuna ttestata giornalistica”, ha concluso su X. “Ho pubblicato il mio lavoro su un blog che pensavo non leggesse nessuno. A quanto pare, il governo degli Stati Uniti sì”.