È ufficialmente iniziato, domenica 15 giugno, il 51° vertice del G7 nella remota cittadina montana di Kananaskis, tra le Montagne Rocciose canadesi. Un luogo scelto anche per la sua isolata tranquillità, necessaria per ospitare in sicurezza tre giorni di discussioni ad alta tensione su una serie di temi globali che vanno dalla sicurezza internazionale all’economia globale, passando per tensioni interne al gruppo stesso.
I lavori ufficiali inizieranno domani mattina, ma l’arrivo dei leader e gli incontri bilaterali hanno già dato il via a un’intensa attività diplomatica. Presenti i capi di Stato e di governo dei sette paesi membri (Canada, Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Giappone e Regno Unito), con la partecipazione istituzionale dell’Unione Europea e l’invito esteso ad altri Paesi strategici come Australia, India, Sudafrica, Brasile, Indonesia, Corea del Sud, Messico e Arabia Saudita.
Tra i primi ad arrivare la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, atterrata sabato sera. Domenica si sono aggiunti tra gli altri Anthony Albanese (Australia), Keir Starmer (Regno Unito), Friedrich Merz (Germania), Shigeru Ishiba (Giappone), Ursula von der Leyen (Commissione Ue), Antonio Costa (Consiglio Ue) e Cyril Ramaphosa (Sudafrica). Emmanuel Macron e Donald Trump, atteso con particolare attenzione, sono gli ultimi a giungere nella notte.
Sebbene la presidenza canadese, guidata dal premier Mark Carney, abbia cercato di mantenere inalterata l’agenda originaria del summit, l’escalation tra Israele e Iran ha imposto un riallineamento delle priorità. La guerra in Medio Oriente ha implicazioni dirette sui temi economici e di sicurezza energetica che i leader del G7 dovranno ora affrontare in modo più concreto.
Lunedì, si discuterà di economia globale, transizione energetica, sicurezza delle comunità e approvvigionamento dei minerali critici. La cena dei leader sarà invece interamente dedicata alla politica estera, con focus su Gaza, Iran e Ucraina. Martedì sarà la volta di una sessione con Volodymyr Zelensky e il neosegretario generale della NATO, Mark Rutte, dedicata al conflitto in Ucraina.
Secondo informazioni dalla Farnesina, la premier Meloni intende promuovere un fronte europeo coeso per favorire la de-escalation tra Israele e Iran, aprendo al dialogo. L’obiettivo sarebbe anche quello di coordinarsi con gli Stati Uniti, malgrado le dichiarazioni sorprendenti di Trump, che si è detto «aperto» a una possibile mediazione della Russia nel conflitto mediorientale.
Canada is hosting the #G7 Leaders’ Summit and has planned a full agenda for the next 2 days. More info on priorities: https://t.co/7WtsVOMv4s
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— Canada G7 (@G7Canada) June 15, 2025
A dimostrazione delle difficoltà interne al gruppo, la presidenza canadese ha già fatto sapere che non ci sarà una dichiarazione congiunta finale. Si opterà per comunicati tematici separati e un riepilogo sintetico delle discussioni. Un compromesso necessario, anche per evitare frizioni aperte con Donald Trump, il cui arrivo è stato circondato da preoccupazione più che da entusiasmo.
Il capo della Casa Bianca va a Kananaskis dopo aver scosso i precedenti vertici G7, in particolare quello del 2018, sempre in Canada, dove si ritirò all’ultimo minuto da un accordo multilaterale e attaccò verbalmente l’allora premier Justin Trudeau.
Le tensioni tra Stati Uniti e Canada non si sono affievolite. Nelle ultime settimane, Trump ha minacciato nuovamente la sovranità canadese con allusioni all’annessione, mentre il premier Carney – succeduto a Trudeau – ha risposto seccamente che “il Canada non diventerà mai il 51° stato”. Sul tavolo ci sono anche le guerre commerciali, con i dazi imposti da Washington che preoccupano Ottawa, Bruxelles e altre capitali europee.
Von der Leyen, in una telefonata con Trump alla vigilia del vertice, ha detto di voler raggiungere un accordo commerciale Usa-Ue entro il 9 luglio. Un’intesa che si aggiungerebbe a quella già siglata tra Washington e Londra, ma che ancora resta incerta.
Per Giorgia Meloni, il vertice in Canada rappresenta un’occasione cruciale per riaffermare la posizione italiana in ambito multilaterale. Oggi ha in programma bilaterali con Friedrich Merz e Keir Starmer, mentre un incontro con il primo ministro Carney è in fase di definizione. Nessuna conferma, invece, per un faccia a faccia con Donald Trump.
Oltre ai conflitti, le priorità del summit includono il rafforzamento delle catene di approvvigionamento critiche (soprattutto minerarie), la sicurezza digitale, la transizione energetica e le nuove tecnologie. Il G7 rappresenta ancora il 44% del PIL mondiale, ma solo il 10% della popolazione globale: un disequilibrio che spinge molti osservatori a chiedere una maggiore inclusività geopolitica.
Infine, si attende con interesse l’intervento della presidente messicana Claudia Sheinbaum e del principe saudita Mohammed bin Salman, entrambi presenti e desiderosi di dialogare con gli Stati Uniti, anche se con agende molto diverse.
Il G7 2025 si conferma così un vertice carico di aspettative, in un mondo sempre più multipolare e frammentato. Ma sarà proprio nella gestione delle divergenze interne – e nella capacità di contenere le sortite imprevedibili degli Stati Uniti trumpiani – che si misurerà la reale tenuta politica del gruppo. Perché se il G7 vuole ancora contare qualcosa, non potrà permettersi di trasformarsi ogni anno in un’arena diplomatica dominata dagli umori di un solo leader, mentre il resto del mondo cambia senza aspettare.