Da venerdì scorso, gli attacchi missilistici dell’Iran contro Israele hanno causato la morte di almeno 13 persone, tra cui tre bambini. Lo ha riferito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in un comunicato ufficiale. Secondo le autorità sanitarie, si contano anche 380 feriti, di cui 9 in gravi condizioni, 30 con lesioni moderate e 341 lievi.
Gli attacchi sono una risposta diretta al massiccio raid israeliano su obiettivi militari e infrastrutture sensibili in Iran, compresi siti legati al programma nucleare e il Ministero della Difesa a Teheran. Fonti internazionali confermano che l’operazione israeliana ha provocato almeno 78 morti in Iran, inclusi ufficiali dell’IRGC (Guardie della Rivoluzione) e tecnici nucleari. Secondo la no profit Human Rights Activists i morti sarebbe addirittura 406 con oltre 654 feriti, ma le autorità iraniane non hanno ancora rilasciato un bilancio ufficiale delle vittime.
Durante l’ultima notte, le sirene d’allarme hanno risuonato in numerose città israeliane, con esplosioni udite a Tel Aviv, Bat Yam e Tamra, dove sono stati colpiti anche edifici civili. Secondo il Guardian e The Times, l’Iran ha utilizzato missili balistici a lungo raggio, alcuni dei quali hanno eluso i sistemi di difesa aerea.
Nel frattempo, Israele ha risposto colpendo oltre 200 obiettivi in Iran, tra cui installazioni a Natanz e comandi militari. La comunità internazionale teme una pericolosa spirale di escalation, mentre l’ONU e vari governi occidentali chiedono un immediato cessate il fuoco. Da parte sua, l’Iran ha dichiarato che gli attacchi proseguiranno finché continuerà l’aggressione israeliana.
Il presidente Donald Trump, da sempre fra i più strenui alleati di Israele, ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nei recenti attacchi contro l’Iran, sottolineando che Washington “non è al momento parte delle operazioni militari”. Tuttavia, nelle stesse ore, un’indiscrezione raccolta dalla NBC News ha fatto emergere un retroscena potenzialmente esplosivo: secondo fonti riservate, Stati Uniti e Israele avrebbero discusso esplicitamente la possibilità di eliminare fisicamente la Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei. Un piano che, stando alle stesse fonti, non ha ricevuto il via libera dalla Casa Bianca. Un portavoce dell’amministrazione ha infatti confermato nel pomeriggio che Washington ha opposto un netto rifiuto all’ipotesi di autorizzare un’operazione di assassinio mirato contro il massimo leader politico e religioso della Repubblica islamica.
Questa rivelazione, se confermata, potrebbe spostare radicalmente la narrazione ufficiale di Israele, che fino a questo momento ha giustificato l’offensiva come una risposta difensiva volta a neutralizzare la minaccia nucleare. L’idea che il vero obiettivo possa essere un cambio di regime e non solo la distruzione dell’infrastruttura atomica solleva interrogativi inquietanti e rischia di inasprire ulteriormente le tensioni, anche con gli alleati occidentali più cauti.