L’Iran ha lanciato una raffica di razzi contro Israele nella tarda serata di venerdì, in risposta all’offensiva della notte precedente, la più massiccia mai condotta da Israele sul suolo iraniano.
Teheran ha parlato di “centinaia” di ordigni lanciati, diretti contro basi militari e infrastrutture strategiche, soprattutto nella zona di Tel Aviv e Gerusalemme. Le Forze di difesa israeliane confermano che parte dei vettori è stata intercettata, ma alcuni hanno colpito.
Secondo l’agenzia IRNA, si tratta della “prima risposta” ai raid che, nella notte precedente, avevano centrato l’impianto nucleare sotterraneo di Natanz e fatto strage dei massimi vertici militari iraniani. “Abbiamo aperto le porte dell’inferno a questo regime assassino di bambini”, ha tuonato in diretta tv il nuovo comandante delle Guardie rivoluzionarie, Mohammad Pakpour, subentrato poche ore prima a Hossein Salami, morto sotto le bombe.
L’esercito israeliano ha riferito che numerosi droni e missili sarebbero stati intercettati prima che raggiungessero lo spazio aereo israeliano. Tuttavia, diversamente dai droni, una parte dei missili lanciati da postazioni iraniane e dai pochi alleati regionali rimasti sarebbe riuscita a superare le difese, colpendo in Cisgiordania. A Hebron, un ordigno sparato dallo Yemen — probabilmente dai miliziani Houthi — è esploso nei pressi di un’abitazione, ferendo tre bambini palestinesi.
“Il regime sionista non rimarrà indenne dalle conseguenze del suo crimine. Alla nazione iraniana deve essere garantito che la nostra risposta non sarà moderata”, ha affermato l’ayatollah Ali Khamenei in una dichiarazione resa venerdì.
Il riferimento è ai raid israeliani dell’operazione “Rising Lion” che hanno causato circa 80 morti tra i civili e oltre 300 feriti. Tra le vittime anche sei scienziati nucleari e almeno venti generali di alto rango. I missili israeliani avrebbero centrato anche Fordow, secondo sito atomico a sud della capitale, e la città di Isfahan, colpita nelle ultime ore insieme a vari punti delle periferie settentrionali e meridionali di Teheran.
Le autorità israeliane hanno confermato che le operazioni militari sono ancora in corso e che l’obiettivo è “neutralizzare completamente l’infrastruttura missilistica iraniana e i suoi assetti nucleari”.
L’Iran, in una lettera indirizzata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha definito “vigliacchi” e “illegali” i raid israeliani, promettendo una risposta “decisa e proporzionata”. Il Consiglio è stato convocato d’urgenza nella giornata di venerdì su richiesta di Teheran.
La prima ondata di raid ha colpito duramente l’apparato militare iraniano, eliminandone l’intera catena di comando. Confermata la morte del generale Mohammad Bagheri, capo di Stato maggiore delle forze armate, e di Hossein Salami, comandante delle Guardie rivoluzionarie. Tra gli altri caduti, il generale Gholamali Rashid e Amir Ali Hajizadeh, responsabile del programma missilistico balistico.
Colpiti anche diversi civili. Le immagini trasmesse dai media iraniani mostrano palazzi distrutti, vetri infranti, lenzuola intrise di sangue e corpi estratti dalle macerie. L’attacco, secondo fonti locali, avrebbe colpito anche le abitazioni di alcuni scienziati nucleari. “Le bombe li hanno raggiunti nei loro letti”, ha scritto l’agenzia Tasnim.
In un discorso televisivo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito l’operazione “un passo necessario per impedire un nuovo Olocausto”. “Questa campagna durerà finché sarà necessario per eliminare la minaccia. Generazioni future ricorderanno che ci siamo opposti al male, in tempo, per garantire un futuro comune”.
Secondo fonti della sicurezza israeliana, l’attacco a Natanz e agli altri siti nucleari sarebbe stato preceduto da mesi di operazioni sotto copertura. Il Mossad avrebbe infiltrato uomini e mezzi all’interno della Repubblica islamica, stabilendo anche una base di droni armati nei pressi di Teheran. Le azioni coordinate avrebbero permesso di colpire simultaneamente radar, postazioni SAM e depositi di missili.
Intanto, da Washington, il presidente Donald Trump ha confermato di essere stato informato in anticipo dell’operazione ma ha ribadito l’estraneità diretta degli Stati Uniti. “Ho fatto il possibile per evitare all’Iran l’umiliazione e la distruzione. Volevo un accordo, ma l’hanno rifiutato”, ha detto in un’intervista a Reuters. “Possono ancora salvarsi, ma il tempo è poco”.
I colloqui sul programma nucleare iraniano, in agenda domenica a Mascate, restano formalmente confermati, anche se lo stesso Trump ha ammesso: “Non so se si terranno davvero”. Su Truth Social ha rincarato: “Iran must make a deal, before there is nothing left”.
Israele, da parte sua, non esclude che proprio la pressione militare possa aprire uno spiraglio negoziale. “L’azione militare da sola non eliminerà il programma nucleare iraniano — ha dichiarato il consigliere per la sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi — ma può creare le condizioni per un’intesa di lungo termine, guidata dagli Stati Uniti”.
Nonostante la gravità della situazione, i terminal petroliferi e gli impianti di stoccaggio non risultano danneggiati. Il prezzo del greggio è comunque balzato dell’8% nelle prime ore, salvo poi assestarsi. OPEC ha dichiarato che al momento non ci sono le condizioni per modificare la produzione.
Nel frattempo, a Gerusalemme, Israele ha chiuso le ambasciate in diversi Paesi e lanciato l’allerta massima. Le forze armate sono state dispiegate su tutti i fronti e ai cittadini è stato chiesto di evitare di mostrare in pubblico simboli ebraici o israeliani.
L’impatto completo dell’attacco a Natanz sarà noto solo nei prossimi giorni. Intanto, l’ombra di una guerra su vasta scala torna a farsi concreta, con il rischio che questa volta nessuno abbia più il tempo — o la forza — per fermarla.