In un recente saggio pubblicato sulla rivista Foreign Affairs, Robert O. Keohana e Joseph S. Nye hanno ribadito un concetto che avevano già espresso diversi decenni fa: il disavanzo commerciale può essere usato per ricattare. Lo sta sperimentando Donald Trump, che ha messo buona parte del mondo alle strette grazie all’immenso potere d’acquisto del suo Paese. Joseph S. Nye è noto per aver inventato il concetto di soft power, quella forma di potere che si può esercitare su altri Paesi grazie ad elementi culturali, di costume e ideologici. Il caso del commercio risiede tuttavia nella categoria dell’hard power, insieme al potere militare.
I due autori argomentano come Trump, iniziando la guerra commerciale, stia minando alle basi che hanno reso gli Stati Uniti il paese campione mondiale del soft power, caratteristica che consente a Washington di esercitare ancora la sua forza persuasiva nel mondo. In quest’ottica, Washington “vanta” decisi disavanzi commerciali con la Cina, con il Messico e con i paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN); con questi tre partner commerciali le importazioni sono più del doppio delle esportazioni. Con il Giappone il rapporto fra importazioni ed esportazioni è di 1.8 a 1, con l’Unione Europea dell’1.6 a 1, con la Corea del Sud è dell’1.4 a 1. Uno dei luoghi che fa eccezione a questa tendenza globale è la Sicilia.
L’isola del Sud Italia è una delle poche aree che Trump può considerare come un fiore all’occhiello commerciale per il suo Paese: compra più di quanto di quanto vende, la bilancia commerciale siciliana nei confronti degli Stati Uniti è quindi in deficit e quella di Washington è in positivo.
Nel 2024 l’Italia ha esportato circa 64 miliardi di euro in merci, importando per un valore di quasi 26 miliardi di euro, segnando quindi un forte disavanzo per la bilancia commerciale americana. Nel caso siciliano, come segnalato dal quotidiano La Sicilia, la questione si ribalta. L’export siciliano nel 2024 verso gli Stati Uniti ammonta a 995 milioni di euro (in calo del 21,2% rispetto al 2023, quando era di 1 miliardo e 263 milioni) mentre l’import, ancora del 2024, è stato di 1 miliardo e 288 milioni; un saldo di -268 milioni. Nel 2023 era stato quindi notevolmente più marcato: -1.136 miliardi di euro.
I beni che vengono acquistati in Sicilia dagli Stati Uniti vanno dagli orologi di lusso ai fertilizzanti e ai prodotti chimici passando per saponi e detergenti e apparecchiature elettriche. I prodotti venduti in prevalenza dalla Sicilia sono invece quelli ortofrutticoli e le bevande alcoliche. La bilancia commerciale siculo-americana è una buona notizia per Trump, meno per la Sicilia.