Stati Uniti e Iran si preparano a riaprire, in forma indiretta, il tavolo dei negoziati sul nucleare. A confermarlo è il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Esmail Baghaei, secondo cui un nuovo incontro è previsto per domenica prossima a Muscat, in Oman. Sarà il sesto dal 12 aprile.
Sul fronte americano, Donald Trump ha lasciato intendere che un faccia a faccia è previsto già da giovedì, confermando che “un’offerta ragionevole è stata trasmessa all’Iran” e che “si attende una risposta nei prossimi giorni”. La comunicazione è giunta tramite l’ufficio del premier israeliano Netanyahu, che lunedì ha avuto un colloquio telefonico di 40 minuti con il presidente americano.
Durante l’incontro, riferiscono fonti israeliane, Trump avrebbe assicurato che Washington intende proseguire con un ulteriore round di colloqui nel fine settimana. Nessun dettaglio è stato fornito su eventuali richieste specifiche del premier, che nel frattempo ha interrotto la propria deposizione nel processo per corruzione per dedicarsi al confronto con la Casa Bianca.
A fare da sfondo ai colloqui, tuttavia, c’è il giudizio tutt’altro che incoraggiante dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che lunedì ha espresso preoccupazioni sostanziali sull’operato dei pasdaran. Il direttore generale Rafael Grossi ha dichiarato al board dell’agenzia a Vienna che Teheran starebbe continuando a rifiutare risposte credibili riguardo alla presenza di particelle di uranio in siti non dichiarati, tra cui Varamin, Marivan e Turquzabad.
“L’Iran non ha risposto oppure ha fornito risposte tecnicamente non credibili,” ha dichiarato Grossi, accusando il regime degli ayatollah di aver tentato di “ripulire” i siti in questione, ostacolando l’attività ispettiva dell’agenzia. “Non siamo in grado di garantire che il materiale nucleare in quei luoghi sia sotto controllo”, ha aggiunto.
Grossi ha poi rivelato che le autorità iraniane avrebbero avuto accesso a documenti riservati dell’Agenzia: “Sappiamo con certezza che alcuni file interni dell’AIEA sono finiti nelle mani di Teheran. È un fatto grave e contrario allo spirito di collaborazione”.

A complicare il quadro ci sono le dichiarazioni dell’intelligence iraniana, che sostiene di essere in possesso di documenti su presunte attività nucleari israeliane. Secondo Grossi, queste informazioni riguarderebbero il centro di ricerca di Soreq, effettivamente ispezionato dall’AIEA, ma non collegato ai settori strategici del programma nucleare israeliano. Il diplomatico argentino ha precisato: “Si tende a dire che non ispezioniamo Israele, ma su Soreq abbiamo giurisdizione e lo facciamo”.
Dichiarazioni che non hanno dissuaso il ministro iraniano Esmail Khatib dal promettere che quei documenti saranno “pubblicati a breve”. Gli analisti israeliani liquidano la mossa come “guerra psicologica”.
Proprio in Israele, l’attesa per gli sviluppi negoziali si intreccia con le tensioni nella maggioranza di governo. Netanyahu ha riunito i vertici della sicurezza e i principali leader religiosi e di coalizione — tra cui Itamar Ben Gvir, Bezalel Smotrich e Aryeh Deri — nel tentativo di consolidare l’esecutivo, minacciato da disaccordi sulla legge per l’esenzione dal servizio militare dei membri della comunità Haredi.
Secondo la stampa israeliana, il premier avrebbe incaricato il capo del Mossad, David Barnea, e il ministro per gli Affari Strategici, Ron Dermer, di incontrare l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff prima del prossimo vertice di domenica con Teheran. Il tutto mentre l’ambasciatore americano Mike Huckabee è impegnato in una mediazione silenziosa con i leader religiosi ultraortodossi per garantire la stabilità del governo.
Nel frattempo, dalla Casa Bianca, Trump ha insistito sull’urgenza di un compromesso: “Stiamo cercando un accordo per evitare distruzione e morte. Ma loro sono negoziatori duri, a volte troppo. Il problema è che non vogliono rinunciare all’arricchimento”.
Il presidente ha ribadito che l’arricchimento dell’uranio è un punto insormontabile: “Non lo permetteremo. Se continuano su quella strada, dovremo fare diversamente”. Quando gli è stato chiesto cosa ostacolasse un’intesa, Trump ha risposto: “Chiedono cose inaccettabili. E io gliel’ho detto”.
Sul tema, secondo alcune fonti riportate da Axios, Trump avrebbe messo in guardia Netanyahu dal compiere un attacco preventivo contro le installazioni nucleari iraniane, temendo che possa far saltare il negoziato in corso.
Grossi, intervistato da i24News, ha dichiarato che un eventuale attacco israeliano ai siti nucleari iraniani potrebbe spingere Teheran ad abbandonare il Trattato di non proliferazione o addirittura accelerare verso l’arma atomica. “Me lo hanno detto loro stessi”, ha affermato.
L’AIEA, secondo un rapporto riservato diffuso a maggio, stima che l’Iran possieda materiale sufficiente per costruire fino a nove ordigni nucleari, anche se il livello di arricchimento resta sotto la soglia del 90% necessaria per finalità militari.