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Proteste a Los Angeles: è scontro aperto fra Trump e il governatore Newsom

Il presidente vuole applicare la legge del 1807 per dispiegare l'esercito e sopprimere insurrezioni

Massimo JausbyMassimo Jaus
Proteste a Los Angeles: è scontro aperto fra Trump e il governatore Newsom

Donald Trump e Gavin Newsom /ANSA

Time: 4 mins read

L’affondo del presidente Donald Trump a Los Angeles, con il dispiegamento di 700 Marines e oltre 2.000 membri della Guardia Nazionale, ha innescato uno scontro istituzionale che non si verificava dagli anni ’90, portando allo scoperto tensioni costituzionali, divisioni nel Congresso e un uso sempre più spregiudicato dell’apparato militare in chiave politica.

Nei giorni scorsi, la metropoli californiana è stata teatro di proteste massicce contro le retate dell’ICE e la militarizzazione del controllo migratorio, sfociate in scontri e oltre 150 arresti. A inasprire la situazione è stato il ricorso da parte di Trump alla Section 12406 del Title 32 dello U.S. Code, una norma che consente al presidente di assumere il controllo federale della Guardia Nazionale, anche contro il parere del governatore.

Una mossa che il governatore della California, Gavin Newsom, ha definito “illegale e immorale”, accusando il presidente di “calpestare la sovranità dello Stato” e annunciando un ricorso legale. “Stanno superando una linea rossa. Il bilanciamento dei poteri si sta sgretolando. Svegliati, America,” ha tuonato Newsom.

Il presidente non ha mostrato segni di arretramento. Anzi. Ha detto che non avrebbe problemi a invocare l’Insurrection Act qualora “ce ne fosse bisogno”. “Se non fossi intervenuto, in questo momento Los Angeles starebbe bruciando proprio come mesi fa”, ha detto Trump ai giornalisti facendo un riferimento agli incendi che hanno devastato la città lo scorso gennaio. Poi ha specificato che i militari saranno dispiegati “fintanto che ce ne sarà bisogno” e ha accusato il governatore Newson e la sindaca Karen Bass di incompetenza anche nella gestione della ricostruzione post-incendi. Il presidente ha dichiarato di essere risposto a inviare militari anche in altre città, in presenza di proteste analoghe a quelle in corso a Los Angeles, aggiungendo che se sabato prossimo, quando a Washington si terrà la parata militare celebrativa da lui voluta, ci dovessero essere delle manifestazioni saranno confrontate “con una forza molto grande. Non ho neanche sentito parlare di protesta, ma si tratta di persone che odiano il nostro Paese”.

Settecento Marines arrivati a Los Angeles/ANSA

La decisione di mandare la Guardia Nazionale prima e i Marines dopo a Los Angeles ha colto di sorpresa anche il capo della polizia della metropoli californiana. Jim McDonnell ha ammesso di non aver ricevuto nessuna notifica dell’arrivo delle Forze Armate. “Il loro impiego senza coordinamento crea una sfida logistica e operativa seria”.

La leadership democratica a Capitol Hill ha reagito con forza ma anche con visibile difficoltà a restare compatta. Il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer e quello della minoranza alla Camera Hakeem Jeffries hanno denunciato l’azione come una “violazione della Costituzione” e un abuso dei poteri esecutivi. Hanno espresso pieno sostegno alle cause legali della California, parlando apertamente di “esautorazione delle autorità locali”. Nel frattempo, i membri progressisti del partito, come Alexandria Ocasio-Cortez e Raphael Warnock, spingono per una linea dura: propongono limiti severi ai finanziamenti per le operazioni militari interne e invocano persino l’impeachment. Ma i moderati frenano, temendo di apparire deboli sul fronte della sicurezza, soprattutto in un clima elettorale molto polarizzato.

Il clima di tensione ha raggiunto il Congresso, dove il segretario alla Difesa Pete Hegseth è stato interrogato martedì mattina dalla sottocommissione per la Difesa della House Appropriations Committee. I Democratici lo hanno duramente criticato per il suo utilizzo di app di messaggistica non classificate, la gestione del dispiegamento dei soldati a Los Angeles, il progetto di una parata militare da 45 milioni di dollari prevista per sabato e persino la trattativa con il Qatar per l’acquisto del lussuoso Boeing degli sceicchi da usare come Air Force One.

“Il Pentagono non è un’agenzia pubblicitaria per le campagne elettorali,” ha affermato Rosa di Lauro, la leader democratica della Commissione. “E i Marines non sono pedine da schierare in uno show elettorale.” Hegseth, difendendo la decisione, ha parlato di “emergenza nazionale” e della necessità di “mobilitazione immediata per proteggere l’ordine pubblico”, aggiungendo che i militari resteranno a Los Angeles per altri 60 giorni.

Dal punto di vista giuridico, la decisione di Trump di mandare i militari senza la richiesta del governatore solleva interrogativi profondi. La Section 12406 prevede l’intervento federale in caso di insurrezione od ostruzione dell’esecuzione delle leggi. Ma i critici osservano che non esistono prove di una insurrezione in California. Gli esperti di diritto costituzionale ricordano i precedenti: Eisenhower in Arkansas (1957), Kennedy in Mississippi (1962), Johnson in Alabama (1965) e Bush nel 1992 dopo le violenze e i saccheggi esplosi dopo l’assoluzione dei poliziotti che pestarono a sangue di Rodney King. Tutti interventi motivati da decisioni giudiziarie o violenze estreme. Il caso attuale, dicono, è completamente diverso: non c’è una sentenza federale da far rispettare né una crisi istituzionale paragonabile.

Nel pieno di questa bufera politica-istituzionale, Trump va a Fort Bragg, in North Carolina, per celebrare il 250° anniversario dell’Esercito. Un evento che molti interpretano come parte della sua strategia elettorale: rafforzare l’immagine di “uomo forte”, accanto alle Forze Armate, mentre monta la polemica sull’uso politico dei militari. Ad accompagnare il presidente anche il segretario alla Difesa Hegseth.

Il governatore Newsom e i leader dem della California hanno reagito con forza all’azione di Trump, definendola autoritaria e in violazione della legge. A Washington, invece, permane una sorprendente e silenziosa astensione da parte della leadership democratica, con qualche intervento da figure singole, ma nessuna iniziativa ufficiale e coesa. Un vuoto politico che espone il partito a critiche per questa inattività proprio mentre la Casa Bianca minaccia l’equilibrio dei poteri.

Nel complesso, il quadro che emerge è quello di una democrazia sotto stress. L’uso dei militari nelle strade americane, il bypass delle autorità statali, le accuse di abuso di potere, le manovre insignificanti del Congresso e l’uso strategico di eventi patriottici: ingredienti che fanno presagire un attacco alle istituzioni molto più profondo.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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