Non è finita come previsto la traversata atlantica del volo American Airlines 780. Decollato lunedì sera dall’aeroporto internazionale di Filadelfia, il Boeing doveva atterrare a Napoli il giorno successivo alle 10 del mattino, ora locale. Ma il viaggio ha preso una piega inaspettata quando, a pochi chilometri dalla meta, l’aereo ha invertito la rotta, sorvolando il Mar Tirreno per poi dirigersi su Roma.
La compagnia ha parlato di “limitazioni operative” come causa del dirottamento. In realtà, ciò che ha impedito al velivolo di toccare terra nella città partenopea è stato un dettaglio tutt’altro che trascurabile: le sue dimensioni.
Il protagonista di questa vicenda è un Boeing 787-9 Dreamliner, uno degli aeromobili più avanzati e performanti della flotta American Airlines. Lungo quasi 63 metri, con un’apertura alare di 60 metri e una capacità di oltre 290 passeggeri, è stato progettato per voli a lungo raggio ad alta efficienza. È più prolungato di circa sei metri rispetto al suo “fratello minore”, il 787-8, con cui normalmente American opera verso la citta italiana.
Quella manciata di metri in più ha fatto la differenza: l’aeroporto di Capodichino, pur attrezzato per rotte internazionali, non è strutturato per gestire in sicurezza l’atterraggio di velivoli di quelle dimensioni. È probabile che fattori come la lunghezza della pista, le procedure di manovra e i limiti infrastrutturali abbiano contribuito alla decisione di deviare su Fiumicino.
A bordo c’erano 231 passeggeri e 11 membri dell’equipaggio, pronti a concludere il lungo viaggio sotto il sole della Campania. Ma ad attenderli, una volta giunti alla nuova destinazione, non c’era il panorama di Napoli, bensì una fila di autobus, per coprire su strada gli ultimi 225 chilometri. Il trasferimento, durato oltre tre ore, ha completato una tratta che avrebbe dovuto concludersi molto prima.