Sono passati appena tre giorni dall’inizio delle operazioni ICE a Los Angeles, e la tensione sta per sfociare in una militarizzazione senza precedenti. L’amministrazione repubblicana in risposta alle proteste per gli arresti dei migranti ha deciso di mantenere una linea rigorosa attivando 2 000 soldati della Guardia Nazionale californiana sotto autorità federale, una decisione che non trova precedenti da più di cinquant’anni. Ma non si è fermata qui: il Comando Nord USA ha posto in stato di “prepared to deploy” circa 500 marines del 2º battaglione, 7ª compagnia, dislocati a Twentynine Palms. nella Contea di San Bernardino. Il segnale è chiaro: se la situazione dovesse degenerare, i soldati potrebbero scendere in strada.
Di fatto, proteste, conflitti e vandalismi non si sono fatti attendere. Auto della polizia e veicoli a guida autonoma di Waymo sono stati dati alle fiamme; gas lacrimogeni e granate sono stati utilizzati per disperdere la folla, mentre il capo della polizia della “città degli angeli” ha parlato di “attacchi crescenti” con bottiglie Molotov, fuochi d’artificio e arresti in aumento oltre 30 solo nel fine settimana.
Il governatore della California Gavin Newsom ha definito “illegale e provocatoria” la mossa federale, annunciando un’azione legale contro le misure attuate da Trump per violazione della sovranità statale. La sindaca di Los Angeles, Karen Bass, ha parlato di “escalation caotica”, chiedendo ai cittadini di mantenere la calma. La ex candidata alla presidenza americana Kamala Harris e il senatore indipendente Bernie Sanders hanno accusato il governo di usare “tattiche autoritarie”.
Al contrario, esponenti del GOP come il presidente della Camera Mike Johnson e il segretario alla Difesa Pete Hegseth hanno difeso l’intervento, sostenendo che l’invio dei marines non è “pesante” ma un deterrente necessario in caso di ulteriore violenza.
ICE ha annunciato l’intensificazione delle retate quotidiane, con un obiettivo dichiarato: arrestare fino a 3 000 migranti al giorno. Un numero senza precedenti, che rappresenta non solo una svolta operativa, ma anche un chiaro messaggio politico. La presenza della Guardia Nazionale, già dispiegata in vari punti sensibili della città, contribuisce ad alimentare il clima di allerta e instabilità. E l’ipotesi, di un intervento diretto dei marines fa crescere le preoccupazioni anche sul fronte legale e costituzionale.
Nel frattempo, le rivolte, inizialmente concentrate nel centro di Los Angeles, si sono rapidamente estese verso le periferie. A Paramount, Compton, Watts e altre zone limitrofe, la rabbia è rapidamente divampata: strade bloccate, autostrade occupate, veicoli incendiati e scontri sempre più violenti tra manifestanti e forze dell’ordine. Le immagini che arrivano da questi quartieri ricordano scenari di guerriglia urbana, con residenti divisi tra il timore per la sicurezza e la solidarietà verso chi manifesta.
Quello che era iniziato come un focolaio locale sta ormai assumendo i contorni di una crisi nazionale. Nelle ultime ore, cortei spontanei e momenti di tensione si sono registrati anche a New York, Chicago, Illinois, Phoenix, Arizona e Atlanta, Georgia, dove centinaia di persone sono scese in strada per protestare contro i blitz, la militarizzazione del territorio e quella che molti definiscono una deriva autoritaria nella gestione dell’immigrazione.