Il Dipartimento di Stato sta valutando se investire 500 milioni di dollari per sostenere l’attività della Gaza Humanitarian Foundation, l’organizzazione con sede in Svizzera appoggiata dagli Stati Uniti e da Israele che da qualche settimana sta distribuendo aiuti alimentari ai civili palestinesi.
The Times of Israel riporta che i fondi arriverebbero dalla chiusura di USAID e che Israele avrebbe richiesto questo investimento per sostenere altri 180 giorni di attività. Secondo le autorità israeliane, servirebbero quasi 100 milioni di dollari al mese per aiutare i 2,3 milioni di palestinesi che stanno morendo di fame.
Axios riferisce che, se effettivamente Washington decidesse di procedere, gli USA diventerebbero il principale donatore e, di fatto, i “proprietari” della Fondazione. Non solo sarebbero quindi legittimati a chiedere più finanziamenti agli alleati, ma sarebbero anche molto più coinvolti nelle operazioni di distribuzione dei beni, le cui modalità hanno scatenato diverse polemiche finora. Per ricevere cibo e medicinali dalla GHF, infatti, i palestinesi sono costretti ad attraversare i controlli delle forze armate israeliane col rischio che scoppino discussioni e venga aperto il fuoco sulla folla, come è successo.
Non sono chiare le dinamiche, ma mercoledì pomeriggio l’IDF ha confermato di aver sparato sulle persone che erano in fila per ricevere aiuti. Il risultato: 32 morti, un centinaio di feriti, la sospensione delle attività per 24 ore da parte della GHF e l’annuncio dell’esercito israeliano di considerare i centri di distribuzione come “zone di combattimento”. Secondo le autorità palestinesi, oltre cento gazawi sono stati uccisi nei pressi delle strutture della Fondazione da quando si è stabilita a Gaza, lo scorso 27 maggio.
Le Nazioni Unite e le organizzazioni no-profit che operano nella Striscia e che dopo mesi di fermo imposto da Israele hanno ricominciato a distribuire aiuti ai palestinesi si sono schierati contro la GHF, denunciandone l’attività. “È inaccettabile che i palestinesi rischino la vita per il cibo”, ha commentato il Segretario Generale ONU Antonio Guterres.