Riportando in vita una delle politiche più contestate del suo primo mandato, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato a partire dal 9 giugno il divieto di ingresso su territorio Usa per le persone provenienti da 12 paesi per “proteggere la sicurezza nazionale”. Si tratta per lo più di cittadini di paesi africani e mediorientali: Afghanistan, Myanmar, Ciad, Repubblica democratica del Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Iran, Libia, Somalia, Sudan, e Yemen. Ma alla lista si aggiunge anche Haiti, la tormentata isola delle Antille. Trump inoltre ha annunciato uno stop parziale ai cittadini che provengono da una varietà di altre zone del mondo: Burundi, Sierra Leone, Togo (Africa), Turkmenistan, Laos, e nel continente americano, Venezuela e Cuba.
Critiche vengono dalle associazioni per i diritti civili, che denunciano discriminazioni e danni a famiglie già residenti. Il nuovo provvedimento ricorda il controverso “Muslim ban” del 2017, che fu inizialmente bloccato da vari tribunali e poi in parte modificato prima di ottenere via libera dalla Corte Suprema nel 2018 (e poi essere cancellato dall’amministrazione Biden).
Con un videomessaggio registrato dallo Studio Ovale, Trump ha fatto riferimento all’attentato dello scorso weekend a Boulder, Colorado, dove Mohamed Sabry Soliman è accusato di essersi scagliato con bottiglie incendiarie contro una manifestazione in favore degli ostaggi israeliani, ferendo 12 persone. Soliman è un cittadino egiziano entrato in Usa nel 2022 con un visto poi scaduto. Nel frattempo le autorità sull’immigrazione hanno arrestato sua moglie e i suoi 5 figli.
L’attacco di Boulder “ha evidenziato i pericoli estremi per il nostro Paese legati all’ingresso di stranieri non adeguatamente controllati, così come di coloro che entrano come visitatori temporanei e rimangono oltre il termine del visto. Non li vogliamo,” ha dichiarato Trump, aggiungendo che l’elenco è “soggetto a revisioni in base a eventuali miglioramenti concreti” e che “allo stesso modo, nuovi paesi potranno essere aggiunti man mano che emergono minacce in tutto il mondo”.
Trump aveva già anticipato il divieto in un ordine esecutivo firmato il 20 gennaio, il suo primo giorno di ritorno alla Casa Bianca, ordinando alla sua amministrazione di presentare un elenco di paesi candidati al bando entro il 21 marzo.
Critiche vengono dalle associazioni per i diritti civili, che denunciano discriminazioni e danni a famiglie già residenti. Attivisti ed esperti affermano che questi divieti generalizzati discriminano le persone sulla base dell’etnia e rischiano – come accaduto durante il primo mandato di Trump – di causare la separazione delle famiglie. I divieti che colpiscono Haiti, Cuba e Venezuela sono particolarmente delicati per l’impatto che avranno sulle comunità statunitensi di immigrati provenienti da quei paesi.
Mercoledì, Trump ha anche annunciato che impedirà l’ingresso in territorio Usa agli studenti internazionali diretti a Harvard, la prestigiosa università numero 1 al mondo con cui ormai è guerra aperta, una mossa che l’ateneo ha definito “illegale”: non solo, il presidente ha anche invitato il segretario di Stato Marco Rubio a studiare la possibilità di revocare i visti in vigore per gli studenti di Harvard già nel paese.