Il Ponte sullo Stretto è l’opera infrastrutturale più imponente che l’Italia abbia mai immaginato. A volte a un passo dall’essere realizzata, poi dimenticata, un po’ chimera o barzelletta: “sì, il Ponte…”. Difficile da credere, lecito lo scetticismo, e altrettanto il fastidio, ma l’opera che il dibattito pubblico italiano ha accolto da più di un secolo e mezzo sarebbe a un passo dall’inizio della sua costruzione. Giugno è/sarebbe il mese di approvazione dell’iter burocratico, mentre “entro l’estate” dovrebbe avvenire la “posa della prima pietra”, afferma il ministro delle Infrastrutture Salvini.
L’opera da 13 miliardi (e più) sembra viaggiare verso l’inizio dei cantieri per divenire il fiore all’occhiello del governo Meloni, anche se la data di fine dei lavori è stimata nel 2032. Si frappongono le ultime polemiche e tentativi in extremis per bloccarne l’inizio, l’ultimo quello della Cgil, che ha inviato una lettera alla Commissione Ue la settimana scorsa.
Il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo si è rivolto a Jessika Roswall, titolare della dg Ambiente della Commissione: “Gentile Commissaria la Cgil desidera sottoporre alla sua attenzione le gravi criticità tecniche, ambientali, normative e sociali connesse all’iter di approvazione del progetto relativo al ‘Collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria’ (Ponte sullo Stretto di Messina), recentemente trasmesso alla Commissione mediante la relazione Iropi approvata dal Consiglio dei Ministri. Relazione che non soddisfa le condizioni necessarie e sufficienti previste dal diritto comunitario e, pertanto, a nostro avviso, non può costituire base giuridicamente ammissibile per autorizzare l’opera”.
Altre due questioni vengono sollevate dalla Cgil, la prima è sull’importanza strategica dell’opera dichiarata “opera di rilevanza militare” che “oltre a non essere suffragata da documenti ufficiali Ue o Nato, espone l’area dello Stretto a rischi specifici in caso di conflitti”, la seconda sulla deroga alla normativa antimafia che ha visto l’intervento della Presidenza della Repubblica. Su quest’ultimo tema è intervenuto con una nota il Mit in cui si afferma di voler raccogliere “i preziosi suggerimenti del Quirinale”. Il campanello d’allarme suonato da Mattarella ha risuonato forte anche nel governo, l’autorità del Presidente della Repubblica – palermitano nonché fratello di Piersanti Mattarella, che fu assassinato da Cosa Nostra – non può che mettere in guardia la maggioranza. Non solo per il contenuto, ma anche per la gravità dello scontro istituzionale: se proseguisse, ad uscirne male sarebbe il governo.
Salvini dal canto suo ha completato un mini “tour antimafia”, ovvero la visita alle prefetture di Messina e Reggio Calabria. Sullo stesso tema è anche avvenuto un incontro il 27 maggio con il presidente dell’Anac Giuseppe Busia per coinvolgere l’ente “in ogni passaggio […] anche per la verifica su tutte le imprese coinvolte”, come si legge in una nota del Mit. Tutta acqua sul fuoco acceso dal Quirinale, anche se resta da capire come verranno effettuati i controlli antimafia, se con la procedura regolare o con quella speciale. Sulla lettera inviata dalla Cgil Salvini ha commentato: “È l’unico sindacato che protesta per i posti di lavoro”.
Tutto sembra andare (quasi) a gonfie vele. L’impressione è che sulla questione si mantenga un certo silenzio da parte del governo, che in punta di piedi vorrebbe arrivare al fatidico giorno della “prima pietra”. Salvini aveva già indicato l’estate scorsa come momento di inizio, salvo essere costretto a posticipare. Vedremo se questa sarà l’estate buona.