L’imbarazzo si è abbattuto sulla FEMA come una tempesta annunciata: durante un briefing interno, il nuovo direttore dell’agenzia per la gestione delle emergenze, David Richardson, ha dichiarato di ignorare che la stagione degli uragani fosse già iniziata. L’affermazione, ha lasciato attoniti i presenti e innescato parecchia preoccupazione tra i ranghi dell’ente.
Fonti interne hanno sottolineato che non è stato possibile determinare se si trattasse di un’affermazione seria, di una battuta mal riuscita o di un equivoco. La percezione generale tuttavia è stata quella di un disallineamento allarmante tra la leadership e le esigenze operative, soprattutto in un periodo in cui, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration, NOAA, la struttura che si occupa di monitorare e studiare le condizioni degli oceani, dell’atmosfera e del clima, ci si attende un numero elevato di tempeste, almeno fino a dieci, prima di arrivare a novembre.
La situazione però appare diversa. Durante lo stesso briefing, Richardson ha comunicato che non ci saranno modifiche al piano, contraddicendo quanto aveva promesso in un precedente incontro del 15 maggio, in cui aveva annunciato un nuovo programma, con tanto di esercitazioni simulate, che doveva essere pronto entro il 23. Tutto ciò ha alimentato la confusione tra il personale, già provato dai tagli e dalle ristrutturazioni.
Richardson, privo di esperienza diretta nella gestione delle crisi, ha giustificato la decisione con il timore di interferire con il Consiglio di revisione, un organismo istituito da Trump per monitorare l’agenzia e composto da funzionari federali e governatori.
Il suo predecessore, Cameron Hamilton, era stato allontanato bruscamente solo poche settimane prima. Ufficialmente per divergenze con il leader del GOP sul futuro del dipartimento, ma alcune testimonianze hanno però indicato che l’allontanamento sia stato in realtà frutto di una manovra interna, motivata dal malcontento per il ritmo della ristrutturazione ritenuto troppo lento.
L’amministrazione Trump ha più volte auspicato un drastico ridimensionamento, se non addirittura l’abolizione stessa dell’ente, ritenendo che molte delle sue funzioni possano essere decentralizzate. L’effetto di questa visione si è tradotto, a partire da gennaio, nella perdita di circa 2.000 dipendenti a tempo pieno, un terzo dell’intera forza lavoro, tra licenziamenti e dimissioni.
Nonostante le dichiarazioni precedenti, la Segretaria della Sicurezza Interna americana Kristi Lynn Noem ha approvato la richiesta di Richardson di prorogare il contratto di oltre 2.600 lavoratori a breve termine, il cui impiego stava per concludersi. Questi operatori rappresentano circa il 40% della forza lavoro della FEMA e costituiscono l’ossatura dell’intervento operativo sul campo.
Nel frattempo, l’organismo ha comunque ridotto drasticamente la formazione e i seminari dedicati agli eventi metereologici estremi per le autorità locali, a causa delle nuove restrizioni su viaggi e comunicazioni imposte ai dipendenti.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Il leader democratico al Senato, Chuck Schumer, ha ironizzato sui social chiedendosi come mai Richardson non fosse già stato rimosso. Più duro il deputato Bennie Thompson, massimo rappresentante democratico della Commissione per la sicurezza interna alla Camera, che ha sottolineato come non ci sia nulla di divertente nella gestione delle catastrofi naturali e che la direzione dell’agenzia dovrebbe essere affidata a persone esperte.
Gli uragani, ha ricordato, causano ogni anno decine di vittime e danni per centinaia di milioni di dollari. E con il cambiamento climatico che intensifica la portata di questi eventi, l’assenza di una leadership preparata rischia di lasciare il Paese esposto proprio quando avrebbe più bisogno di protezione.