Un’elezione storica sta per cambiare il volto del sistema giudiziario messicano, ma non senza suscitare forti preoccupazioni. Domenica, per la prima volta nella storia del paese, quasi 8.000 candidati si contenderanno il voto popolare per sostituire tutti i giudici federali e statali. Una svolta radicale, voluta dal precedente presidente Andrés Manuel López Obrador, e portata avanti dall’attuale leader Claudia Sheinbaum, che però ha acceso un intenso dibattito sul rischio che questa riforma metta a repentaglio l’indipendenza della magistratura e favorisca l’ingerenza del crimine organizzato.
López Obrador, da sempre critico nei confronti dei tribunali, li ha spesso accusati di essere corrotti, politicizzati e permeati da nepotismo. Dopo che la Corte Suprema aveva bloccato una delle sue proposte chiave, l’ex presidente aveva reagito definendo necessario rendere l’apparato giudiziario più democratico. Grazie alla maggioranza schiacciante del suo ex partito, il Movimiento Regeneración Nacional, Morena, in Parlamento, è stato approvato un emendamento costituzionale che cambia radicalmente il modo in cui si diventa togati nello Stato.
Il meccanismo elettorale sarà simile a quello di una normale consultazione popolare, ma con alcune complicazioni: ad esempio, per la Corte Suprema sono in corsa 64 candidati per soli 9 seggi e gli elettori dovranno scegliere senza molte informazioni, dato che gli aspiranti non sono pubblicizzati in tv e le loro interviste sono rare. La Commissione elettorale ha pubblicato i loro curriculum online, lasciando agli elettori il compito di informarsi da soli. Questo ha generato dubbi sulla capacità di poter effettuare una scelta consapevole.
Ancora più allarmanti sono le segnalazioni su numerosi candidati che avrebbero presunti legami con la malavita. Decine di soggetti sono sospettati di connivenza con i cartelli della droga; in alcuni casi gli aspiranti giudici sarebbero persino ex detenuti con precedenti per traffico di stupefacenti. Le procedure di selezione si sono rivelate inefficaci, con molte irregolarità: interviste brevissime o assenza totale di colloqui.
Nonostante le aspre critiche, alcuni studiosi e giuristi difendono questo cambiamento sottolineando che le strutture giudiziarie devono restare indipendenti dalla politica per garantire equità e giustizia. Un giudice della Corte Suprema ha invece definito l’elezione “un errore storico” che tenderà a indebolire il sistema compromettendone l’autonomia.
Monica Castillejos-Aragon, ex collaboratrice della Corte Suprema messicana e ora docente di diritto comparato alla UC Berkeley, California, ha spiegato che la riforma rappresenta un ritorno ai tempi dei regimi autoritari, ma con modalità più sofisticate. Secondo lei, il partito Morena sta di fatto realizzando una presa di potere totale, seguendo modelli di autoritarismo già visti in altri paesi, come l’Ungheria.
Trattandosi di una trasformazione costituzionale, questa modifica sarà difficile da invertire, e la nazione azteca dovrà fare i conti per anni con le sue conseguenze.