Il bilancio dei morti di una sparatoria nei pressi di un centro di distribuzione di aiuti umanitari a Rafah, nel Sud di Gaza, è salito a 31, dei quali 21 sono deceduti prima di arrivare in ospedale, e oltre 179 palestinesi sono rimasti feriti. L’esercito israeliano, accusato di aver aperto il fuoco con l’approvazione degli Stati Uniti, ha smentito, ma le autorità palestinesi rilanciano.
“Le uccisioni – scrive il governo di Gaza attraverso Al Jazeera – riflettono la natura di queste aree come trappole mortali di massa, non come punti di soccorso umanitario. Ciò che sta accadendo è un uso sistematico e doloso degli aiuti come strumento di guerra, impiegato per ricattare i civili affamati e radunarli con la forza in punti di morte esposti e gestiti dall’esercito di occupazione, finanziati e politicamente coperti dall’amministrazione Usa, che porta la responsabilità morale e legale di questi crimini”.
Fra l’altro, sabato sera, l’IDF ha comunicato di aver ucciso Muhammad Sinwar, uno dei vertici di Hamas e fratello dell’ex leader ammazzato l’anno scorso. Rimangono ancora vivi Izz al-Din al-Haddad, che dovrebbe controllare la zona Nord di Gaza, e Khalil al-Hayya, al momento in esilio, i prossimi due sulla lista di “obiettivi da abbattere” del ministro della Difesa Israel Katz.
Nonostante gli appelli internazionali, la situazione umanitaria devastante e i palestinesi ridotti alla fame, l’IDF procede inarrestabile sotto gli ordini del governo israeliano. Così ha dichiarato Katz: “Ho ordinato all’esercito di continuare ad avanzare a Gaza contro tutti gli obiettivi, a prescindere da qualsiasi negoziato, e di utilizzare tutti i mezzi necessari per proteggere i soldati e per eliminare e schiacciare gli assassini di Hamas. O Hamas rilascia gli ostaggi o verrà annientato”.
Le trattative a cui fa riferimento Katz sembrano però essere arrivate a uno stallo. Nei giorni scorsi, Israele aveva accettato l’accordo proposto da Steve Witkoff, inviato speciale in Medio Oriente per gli Stati Uniti, che prevedeva una tregua temporanea di sessanta giorni, il rilascio di dieci ostaggi e la consegna di 18 corpi da parte di Hamas in cambio della liberazione di 305 prigionieri palestinesi. “Dopo aver esaminato la proposta” ed essersi assicurati di “rispondere alle richieste del nostro popolo”, i leader di Hamas hanno rilanciato un piano che include la liberazione di 125 ergastolani, 1.111 prigionieri e 180 corpi palestinesi e la distribuzione degli aiuti umanitari, oltre a un cessate il fuoco definitivo e il ritiro totale dell’esercito israeliano da Gaza. Witkoff ha definito la bozza “inaccettabile” e che “ci costringere solo a retrocedere”.
Le delegazioni di Qatar ed Egitto, altri due mediatori insieme agli Stati Uniti, spingono per riaprire il dialogo ma Israele e Hamas non sembrano riuscire a incontrarsi.