LE MACERIE DOPO MUSK: COSA RESTA DEL DOGE
Elon Musk ha ufficialmente lasciato il suo incarico nell’amministrazione Trump a capo del cosiddetto “Dipartimento dell’efficienza governativa” (Doge). Aveva promesso efficienza e modernizzazione, ma si lascia dietro solo incertezza e ai suoi accoliti – insediati in posizioni chiave nel governo federale – un caos di progetti a metà e agenzie svuotate. L’impatto già caotico del Doge sul governo adesso è ancora più incerto: quanto potere avrà questa task force senza di lui? ChI potrà ricostruire i programmi e i servizi che ha distrutto?
L’idea iniziale era risparmiare 2.000 miliardi di dollari dal bilancio eliminando sprechi e frodi. Finora il Doge sostiene di aver tagliato circa 140 miliardi di dollari. La nuova legge fiscale di Donald Trump, che non fa parte del Doge ed è stata osteggiata da Musk, dovrebbe comunque aggiungere 2.300 miliardi al deficit, annullando di fatto qualsiasi risparmio ottenuto dal Doge. Le sue promesse di modernizzazione si sono spesso limitate a chatbot basati su intelligenza artificiale – alcuni dei quali erano già in fase di sviluppo durante l’amministrazione Biden.
L’impatto più rilevante del Doge è stato invece lo smantellamento dei servizi pubblici e degli aiuti umanitari. I tagli hanno colpito numerose agenzie, come la National Oceanic and Atmospheric Administration, che si occupa di previsioni meteorologiche e disastri naturali, e hanno fatto precipitare in crisi altre, come il Dipartimento per gli Affari dei Veterani. Numerose agenzie minori, come quella che coordinava le politiche sulla senzatetto, sono di fatto state chiuse. Il Doge ha messo in ginocchio diversi uffici pubblici, senza alcun piano chiaro su se il personale lasciato da Musk tenterà di aggiornare o mantenere i servizi o semplicemente spegnerli.
LA FEDERAL RESERVE RIBADISCE LA SUA INDIPENDENZA
La Federal Reserve, la Banca centrale federale, con una mossa poco ortodossa giovedì ha emesso un comunicato per ribadire la sua indipendenza, dopo che il presidente Jerome Powell ha incontrato Donald Trump alla Casa Bianca. Il Presidente Usa esercita da mesi pressioni sulla Fed perché abbassi i tassi d’interesse, attaccando anche personalmente Powell.
La dichiarazione, in tre paragrafi, sottolinea il ruolo indipendente e apartitico della Fed nel definire la politica monetaria basandosi sui dati economici. “Il presidente Powell non ha discusso le sue aspettative in merito alla politica monetaria, se non per ribadire che l’orientamento della politica dipenderà interamente dalle informazioni economiche in arrivo e da ciò che esse significheranno per le prospettive future”, si legge. Powell ha detto a Trump che lui e gli altri funzionari della Fed “definiranno la politica monetaria, come richiesto dalla legge, per sostenere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi, e prenderanno tali decisioni esclusivamente sulla base di un’analisi attenta, obiettiva e non politica”.
ARRESTATE TREMILA MIGRANTI AL GIORNO
L’amministrazione Trump ha fissato nuovi obiettivi aggressivi nella sua agenda anti-immigrazione, chiedendo che gli agenti federali arrestino 3.000 persone al giorno – ovvero più di un milione all’anno. Il nuovo obiettivo, che triplica le cifre degli arresti rispetto a quelle di inizio anno, è stato comunicato ai vertici dell’Immigration and Customs Enforcement (ICE) da Stephen Miller, vice capo di gabinetto della Casa Bianca, e da Kristi Noem, segretaria del Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS), durante un incontro teso la scorsa settimana. L’incontro ha coinvolto funzionari dell’ICE provenienti dalle operazioni di applicazione e rimozione (ERO) e dalle indagini sulla sicurezza interna (HSI) – due uffici distinti all’interno del DHS. L’ERO è responsabile dell’applicazione delle leggi sull’immigrazione, inclusi arresti, detenzione e deportazioni, mentre l’HSI si concentra generalmente sull’indagine di crimini transnazionali, come il traffico di droga, il traffico di esseri umani e la diffusione di abusi online su minori.
GAY PRIDE A NEW YORK, GLI SPONSOR HANNO PAURA
Alcuni dei marchi che avevano legato il proprio nome al Pride di New York, trasformandolo in una piattaforma di visibilità, hanno deciso di farsi da parte temendo pressioni politiche. C’è chi ha ridotto i finanziamenti senza fornire motivazioni precise. Chi ha chiesto di non essere nominato. Chi resta, ma preferisce non apparire su manifesti e materiali ufficiali. L’incertezza economica viene spesso citata come causa, ma tra comunicati prudenti e note interne riservate si intuisce altro. Le politiche per la diversità, l’equità e l’inclusione – le famigerate D.E.I. – sono sotto attacco e molte imprese preferiscono scomparire piuttosto che rischiare di essere accusate di troppo zelo inclusivo.
LA CLEMENZA DI TRUMP… PER I SUOI FAN
Da quando è rientrato alla Casa Bianca Donald Trump ha firmato una raffica di atti di clemenza, concedendo grazie e condoni a una lunga lista di condannati, molti dei quali legati a doppio filo al suo mondo: sostenitori politici, donatori generosi, celebrità mediatiche e personaggi controversi. Alcuni di loro avevano già scontato la propria pena; altri sono stati liberati prima del tempo. In certi casi, i reati erano di tipo amministrativo o fiscale; in altri, ben più gravi, si trattava di frodi, spaccio, corruzione o addirittura terrorismo interno. Eppure, il filo rosso che sembra legare i graziati non è la natura del reato, bensì la fedeltà personale o politica al presidente.