Nella baraonda mediatica quotidiana a cui ci ha da tempo abituati Donald Trump, tutte le notizie vengono scavalcate dalle successive. Un problema comune nell’epoca in cui viviamo, moltiplicato per mille nell’era di Trump. I dazi sono l’ultimo, ennesimo, esempio. Ma un altro tema centrale della campagna elettorale dell’attuale presidente è stato quello delle deportazioni di massa degli immigrati.
Poco più di un mese fa, il 23 aprile, dallo Studio Ovale Trump diceva: “Li stiamo mandando via e spero che avremo la collaborazione dei tribunali perché abbiamo migliaia di persone pronte a partire e non si può fare un processo per tutte queste persone. Non era previsto. Il sistema non era stato pensato così. E non crediamo che ci sia nulla che lo imponga. Stiamo mandando via persone molto pericolose, assassini, spacciatori, persone davvero pericolose […]. Le stiamo mandando via e un giudice non può dire: ‘No, devono avere un processo’. Il processo richiederebbe due anni. Avremo un paese molto pericoloso se non ci sarà consentito di fare ciò che abbiamo il diritto di fare. Io ho vinto le elezioni sulla base che li avremmo mandati via.”
Il problema sollevato impatta con le basi dello stato di diritto, ma anche con fondamentali questioni economiche: cacciare gli 11 milioni di clandestini che vivono nel Paese creerebbe un disastro finanziario. Non solo, la volontà di Trump è anche quella di espellere chi gode di permessi umanitari e protezione temporanea, ovvero circa 1.8 milioni di persone che risiedono legalmente negli Stati Uniti.
Come raccontato in un’inchiesta del Wall Street Journal, la Mills Manufacturing, una delle due aziende che produce paracaduti per le forze armate statunitensi, potrebbe essere costretta a chiudere. Le deportazioni che da un momento all’altro potrebbero essere attuate riguarderebbero un quarto dei dipendenti dell’azienda, in buona parte provenienti dal Nicaragua e dall’Ucraina.
La Mills Manufacturing ha fatto della multiculturalità la propria cifra: un terzo dei lavoratori sono ispanici e un altro terzo proviene dall’Europa dell’Est. I cartelli dello stabilimento, che si trova ad Asheville in Carolina del Nord, sono scritti in quattro lingue (inglese, spagnolo, moldavo e russo) e buona parte dei dipendenti prende lezioni di inglese.
I paracaduti che vengono prodotti dalla Mills sono i sofisticati modelli MC-6 e T-11. L’azienda ne produce circa cinque mila all’anno. Il primo tipo richiede 27 step di lavorazione e un lavoro di grande precisione, su cui la formazione degli impiegati è molto difficile da rimpiazzare. “Se perdessimo questi lavoratori – ha detto John Oswald, il Ceo dell’azienda – sarebbe devastante per la nostra attività, questo metterebbe a rischio il resto della forza lavoro”.
Il 19 maggio la Corte Suprema ha deciso che l’Amministrazione Trump ha il diritto di revocare la protezione temporanea ai circa 350 mila venezuelani che vivono nel Paese. L’Amministrazione Biden aveva emesso questi permessi – i Temporary Protected Status (Tps) – in ragione della situazione del Venezuela, gli stessi di cui gode parte dei dipendenti della Mills. Da capire se Trump continuerà con i suoi propositi e fin dove si spingerà, anche su questo tema.