Il CEO della Gaza Humanitarian Foundation, Jake Wood, si è dimesso lunedì, poche settimane dopo aver assunto l’incarico, affermando che il piano di aiuti israelo-americano per Gaza non può essere attuato “nel rispetto dei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza”.
Le sue dimissioni sono arrivate mentre il consiglio di amministrazione del fondo si impegnava a procedere con le consegne di aiuti, lanciando un’implicita frecciatina alle Nazioni Unite, che avevano fortemente criticato il programma.
Wood ha spiegato che, a suo avviso, l’unica strada per una soluzione a lungo termine a Gaza è “il rilascio di tutti gli ostaggi, la cessazione delle ostilità e la creazione di un percorso verso la pace, la sicurezza e la dignità per tutte le persone della regione”.
Nonostante le dimissioni del CEO, il CdA del fondo ha affermato che non farà dietrofront, e che procederà con il piano precedentemente promosso.
Il gruppo ha dichiarato che l’assistenza raggiungerà un milione di persone entro la fine della settimana e che gli aiuti verranno ampliati nelle settimane successive, con l’obiettivo di raggiungere tutti i residenti della Striscia di Gaza.
Wood, che aveva assunto l’incarico circa tre settimane fa per guidare il progetto USA-Israele, volto a fornire cibo agli abitanti Gaza, ha raccontato che quando è stato contattato, “GHF era un concetto vago, una raccolta di idee provenienti da una vasta gamma di parti” e che il suo obiettivo era quello di trasformare il gruppo in “un’entità umanitaria realmente indipendente”.
L’ex CEO ha inoltre esortato Israele a espandere il flusso di aiuti a Gaza utilizzando tutti i mezzi disponibili e ha invitato tutte le parti a continuare a esplorare metodi innovativi per la distribuzione degli aiuti, senza ritardi o discriminazioni.
Secondo le dichiarazioni del GHF e le informazioni precedentemente presentate da Israele alle Nazioni Unite, il piano prevede l’istituzione di circa cinque centri logistici e punti di distribuzione alimentare nelle zone centrali e meridionali della Striscia di Gaza, entro il raggio d’azione visibile dalle posizioni dell’IDF. Un centro pilota sarà allestito a Rafah.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha fortemente criticato il nuovo piano di aiuti a Gaza, affermando che costringerebbe l’ONU a “contare le calorie per garantire la sopravvivenza minima” e legittimerebbe “una tattica militare che avrebbe conseguenze devastanti sulla popolazione”.
L’attuale sistema comprende circa 400 punti di distribuzione degli aiuti in tutta Gaza. L’OCHA ha avvertito che i cambiamenti proposti limiterebbero l’accesso agli aiuti e richiederebbero alle persone di percorrere lunghe distanze con carichi pesanti, ponendo “notevoli oneri su donne, anziani e persone ferite”.
Nelle sue conclusioni, l’OCHA ha aggiunto che il coinvolgimento nel piano di Israele “ostacolerebbe la capacità delle Nazioni Unite di svolgere un ruolo politico o umanitario significativo a Gaza”.