Attraverso un gesto che non ha precedenti in oltre 80 anni, l’Università di Harvard ha revocato la cattedra a vita all’economista comportamentale Francesca Gino, accusata di aver manipolato dati in numerosi studi scientifici.
La decisione ha destabilizzato profondamente il mondo accademico, non solo per la gravità delle accuse, ma anche per la figura coinvolta: Gino era considerata un’autorità nel campo dell’etica e del comportamento.
La docente della Harvard Business School era già stata sospesa nel 2023, in seguito alle rivelazioni del blog “Data Colada”, gestito da tre intellettuali. Secondo quanto emerso, i ricercatori avrebbero identificato anomalie in diverse pubblicazioni cofirmate da Gino nell’arco di oltre un decennio, portando alla luce presunti dati falsificati.
L’università ha confermato ufficialmente la revoca dell’incarico dopo un’indagine interna durata 18 mesi, che avrebbe stabilito la responsabilità della professoressa per “cattiva condotta nella ricerca”. Un portavoce dell’ateneo ha tuttavia evitato di entrare nei dettagli, precisando che l’istituzione non commenta casi personali. Anche l’insegnante, al momento, non ha rilasciato dichiarazioni pubbliche.
Nessun docente aveva perso la tenure al campus dagli anni ’40, quando vennero formalizzate le regole di licenziamento dei professori da parte dell’American Association of University Professors. La notizia è stata riportata dal quotidiano studentesco The Harvard Crimson, che ha ricostruito i passaggi chiave della vicenda.

La ricercatrice, in forza dal 2010, è stata responsabile dell’Unità Negoziazioni, Organizzazioni e Mercati tra il 2018 e il 2021. I suoi lavori sono stati ampiamente ripresi da testate internazionali come New York Times, Wall Street Journal e NBC News.
Di fronte alle accuse, la studiosa ha sempre respinto ogni addebito, sostenendo di essere stata vittima di un procedimento viziato e parziale. Nel giugno 2023 aveva presentato una causa da 25 milioni di dollari contro l’ateneo e i fondatori di Data Colada, sostenendo che l’indagine era stata condotta secondo una nuova policy interna creata ad hoc per il suo caso.
Nel settembre successivo, un giudice federale aveva respinto le accuse di diffamazione, ma aveva riconosciuto che l’università poteva aver violato il contratto accademico nei confronti della donna, adottando misure disciplinari contrarie alle proprie politiche ufficiali.
Gino ha recentemente aperto un sito web dedicato alla sua difesa legale, dove ha ribadito con fermezza di non essersi mai resa responsabile di frodi accademiche. In un aggiornamento pubblicato a marzo 2024, ha scritto che, pur avendo ricevuto indicazioni ad astenersi pubblicamente da qualsiasi commento, sentiva la necessità di dichiarare la propria innocenza. Ha inoltre annunciato l’intenzione di volersi battere in tribunale, sostenuta da esperti che, a suo dire, le sarebbero stati negati durante l’indagine interna.