Il giorno di festa si è trasformato in una notte di esplosioni. Kyiv, come altre trenta località in tutta l’Ucraina, è finita sotto un pesante attacco aereo russo. Missili e droni si sono abbattuti sulla capitale e su diversi centri dell’Ucraina centrale e meridionale. Dodici i morti accertati, decine i feriti. È stato, secondo le autorità di Kyiv, il più vasto bombardamento dall’inizio dell’invasione: 367 vettori lanciati, tra cui quasi 300 droni Shahed di fabbricazione iraniana.
Nel frattempo, proprio mentre proseguivano i raid, Mosca e Kyiv hanno completato un maxi-scambio di prigionieri, con 303 militari liberati per parte, dopo altri due round nei giorni precedenti. In totale, mille persone — tra soldati e civili — riportate a casa da ciascun fronte.
“Trecentotre difensori ucraini sono tornati”, ha scritto su X il presidente Volodymyr Zelensky. “Appartengono alle Forze Armate, alla Guardia nazionale, alla Polizia di frontiera, al Servizio speciale dei trasporti”.
A Kyiv i sistemi di difesa hanno lavorato per ore. Ma non sono bastati. Quattro le vittime nella capitale, altre tre nella regione di Zhytomyr. Altri morti segnalati a Khmelnytskyi e Mykolaiv. A Dnipro e Kharkiv, danni a edifici residenziali e linee elettriche.
“Una domenica difficile dopo una notte insonne”, ha scritto il viceministro degli Esteri Andrii Sybiha. I soccorritori hanno lavorato tra i detriti e gli incendi. A Kyiv, un dormitorio universitario è stato colpito da un drone, mentre in altri quartieri sono crollate abitazioni e vetrate.
“A essere colpiti sono stati centri abitati”, ha detto Zelensky. “Questi attacchi non fanno che confermare una cosa: senza una vera pressione internazionale su Mosca, la guerra non finirà. Le sanzioni aiuterebbero”.
Il presidente ucraino ha parlato di “attacchi deliberati contro città ordinarie”, elencando le aree colpite: oltre a Kyiv e Zhytomyr, anche Sumy, Odessa, Poltava, Dnipro, Mykolaiv, Kharkiv, Cherkasy, Khmelnytskyi, Ternopil e Chernihiv.
Nonostante lo scambio di prigionieri, i combattimenti non si sono fermati. Il ministero della Difesa russo ha rivendicato progressi nei pressi del confine con la regione di Kursk, dove Vladimir Putin era in visita nei giorni scorsi. Secondo Mosca, le truppe ucraine sarebbero state respinte e alcune località minori nella regione di Sumy, come Marine e Loknya, sarebbero finite sotto controllo russo.
Secondo il Washington Post, tuttavia, l’arsenale russo sarebbe vicino al punto critico. Tank in esaurimento, carenze di personale, costi insostenibili. “I russi avanzano ancora, ma a un prezzo troppo alto”, ha spiegato il generale britannico Richard Barrons.
Jack Watling, del Royal United Services Institute, ha previsto che le forze russe diventeranno sempre più “demotorizzate”. Un ufficiale ucraino ha sottolineato come, nonostante la netta superiorità numerica, Mosca fatichi a conquistare terreno. “È così da mesi, dal fallimento della nostra controffensiva”.
Un report della DIA americana indica che Putin continua a credere nella vittoria finale, con l’occupazione integrale delle quattro regioni contese. Il suo atteggiamento, dicono da Kyiv, punta a dilatare i negoziati e colpire duro.
Trump, che pochi giorni fa ha parlato per due ore con il leader russo, ha dichiarato che “Putin non vuole la pace, perché pensa di star vincendo”. Una convinzione che, secondo fonti europee, si basa su rapporti interni distorti. “Credo che Putin stia ricevendo informazioni troppo ottimistiche”, ha detto un alto funzionario Ue.
“È una presa in giro del mondo intero”, ha commentato Zelensky. “Ed è il momento di aumentare la pressione su Mosca”.