La diplomazia punta a Roma, anzi oltre Tevere. Secondo quanto rivelato dal Wall Street Journal, il prossimo round di colloqui tra Russia e Ucraina dovrebbe tenersi a metà giugno in Vaticano. A rilanciare la possibilità sarebbe stato direttamente il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in una conversazione riservata con alcuni leader europei tenutasi domenica.
Il nodo principale resta, come sempre, il cessate il fuoco. Alcuni leader europei avrebbero insistito perché gli eventuali colloqui nella Città del Vaticano portino a una tregua “incondizionata”. Ma Trump, nonostante in passato avesse lui stesso proposto un armistizio di 30 giorni senza condizioni, si sarebbe opposto a quell’aggettivo, riuscendo infine a farlo rimuovere dalla bozza concordata.
A ufficializzare la disponibilità della Santa Sede è stata la premier italiana Giorgia Meloni, che martedì ha riferito della “piena apertura” di Papa Leone XIV a ospitare una nuova tornata di negoziati. Ma da Mosca è arrivato subito un freno. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha chiarito che la sede non è ancora stata definita: “La decisione spetta a tutte le parti coinvolte. Al momento, non è stato preso alcun accordo”, ha dichiarato mercoledì.
Un entusiasmo cauto è arrivato anche dalla Finlandia, il cui presidente Alexander Stubb ha parlato di possibili “colloqui tecnici” già la prossima settimana in Vaticano, con Stati Uniti ed Europa pronti a fungere da mediatori. Lo stesso è stato ribadito dalla portavoce della Commissione europea Paula Pinho, confermando la presenza di rappresentanti americani e comunitari.
Ma è stato sempre Trump, secondo quanto riferito dal WSJ, a gettare un’ombra sul realismo del percorso: parlando ai leader europei dopo una telefonata diretta con Vladimir Putin, il presidente americano avrebbe ammesso che il capo del Cremlino “non è pronto a mettere fine alla guerra” perché convinto di essere in vantaggio sul campo.
Una valutazione che segna un cambio di tono rispetto alle precedenti dichiarazioni di Trump, che in passato aveva sostenuto che Putin fosse “realmente interessato alla pace” e aveva sollecitato Kyiv a concessioni rilevanti, compresa la rinuncia alla prospettiva di ingresso nella NATO.
La nuova consapevolezza, tuttavia, non ha spinto Trump ad alzare il livello di pressione contro Mosca. Se da un lato aveva promesso di allinearsi alle sanzioni europee in caso di mancato cessate il fuoco, dall’altro ha poi deciso di non adottare alcuna misura restrittiva dopo la telefonata con Putin. Anzi, in pubblico, ha definito “eccellente” il tono della conversazione con il leader russo.
Secondo il New York Times, subito dopo il colloquio Trump avrebbe detto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ad altri capi di Stato europei che avrebbero dovuto “trovare da soli una soluzione” al conflitto.
Per i possibili colloqui in Vaticano, Trump ha promesso di inviare il Segretario di Stato Marco Rubio e l’inviato speciale Keith Kellogg, anche se — come riporta sempre il Wall Street Journal — si sarebbe mostrato “non pienamente impegnato” sul reale ruolo che gli Stati Uniti intendono assumere.
L’annuncio giunge a pochi giorni dal fallimento dei colloqui diretti tra Mosca e Kyiv a Istanbul, il primo faccia a faccia da oltre tre anni. Anche in quel caso, nessun passo avanti. A guidare la delegazione russa c’era un team tecnico sotto la direzione dell’assistente presidenziale Vladimir Medinsky. I russi hanno cheisto la rinuncia da parte ucraina alle quattro regioni che Mosca considera “proprie”, ma che non controlla integralmente. Secondo indiscrezioni, i negoziatori russi avrebbero anche minacciato ulteriori annessioni in assenza di concessioni.