Adriana Smith, 30 anni, infermiera e madre di Atlanta, Georgia, è cerebralmente morta da oltre tre mesi, ma i medici sono obbligati a tenerla in vita artificialmente a causa della legge anti-aborto in vigore nello Stato. La donna è entrata in coma irreversibile dopo un ictus, mentre era incinta di nove settimane.
In Georgia, l’aborto è vietato dopo la sesta settimana di gravidanza, quando è rilevabile il battito cardiaco fetale. La legge, entrata in vigore nel 2022, è stata approvata nel 2019 e segue l’annullamento della sentenza Roe v. Wade da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti che garantiva il diritto federale all’aborto.
La normativa consente eccezioni solo in caso di emergenza medica, gravidanza medicalmente inutile, stupro o incesto (con denuncia formale).
April Newkirk, madre di Adriana, ha raccontato che la situazione è “una tortura” per la famiglia. La legge, infatti, ha impedito loro di prendere decisioni, pur essendo consapevoli che il bambino potrebbe nascere con gravi disabilità. “È stato straziante vedere mio nipote credere che sua madre stia solo dormendo”, ha detto April.
Nel 2024 un giudice ha dichiarato la legge incostituzionale, ma poco dopo la Corte Suprema statale l’ha ripristinata temporaneamente. Al momento, il divieto dopo sei settimane è ancora in vigore, ma resta al centro di un contenzioso legale.
Per “emergenza medica” si intende una condizione in cui l’aborto è necessario per evitare la morte della donna incinta o un danno fisico grave e irreversibile a una sua funzione corporea importante.
Il caso di Adriana è considerato una zona grigia legale. Essendo cerebralmente morta e non più a rischio, i medici sono obbligati a mantenerla in vita fino a quando il feto non sarà in grado di sopravvivere autonomamente.
“Penso che ogni donna dovrebbe avere il diritto di decidere per sé”, ha concluso April Newkirk. “E se non può, allora dovrebbero poter decidere il partner o i genitori”.