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Vertice di Istanbul, Zelensky lasciato solo da Putin e Trump

Tutto fermo sul fronte russo. Il presidente USA non parteciperà senza il leader del Cremlino

Gennaro MansibyGennaro Mansi
Vertice di Istanbul, Zelensky lasciato solo da Putin e Trump

People walk past Russian Consulate where American and Russian delegations meet for a second time, to discuss stabilising bilateral embassy operations, in Istanbul, Turkey, April 10, 2025. REUTERS/Umit Bektas

Time: 3 mins read

L’incontro dell’anno non si farà. Il primo faccia a faccia diretto tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky dall’inizio della guerra, ipotizzato per giovedì a Istanbul, è saltato a causa della mancata partecipazione del presidente russo. Circostanza, quella dell’assenza di Putin, che ha spinto anche Donald Trump a dare forfait.

E così Volodymyr Zelensky, pronto a lasciare Kyiv per il primo faccia-a-faccia dall’inizio della guerra, a condizione che ci fosse anche la controparte russa, è rimasto solo. “Se non si presenta – aveva detto in un’intervista al quotidiano tedesco Der Spiegel -, significa che non è interessato a una soluzione politica, né per il suo Paese né per il nostro.”

L’inviato speciale da Washington Keith Kellogg aveva dichiarato che Trump ci sarebbe stato solo se Putin si fosse diretto a Istanbul. “Possiamo avere la pace, anche velocemente io credo, se tutti e tre i leader si siedono allo stesso tavolo e si parlano”. Ma da Mosca non è mai arrivata la conferma.

A proporre il ritorno al tavolo negoziale era stato dopotutto lo stesso Putin, in un intervento notturno dell’11 maggio, poche ore dopo che quattro capi di Stato europei avevano firmato un ultimatum congiunto esigendo da Mosca un cessate il fuoco incondizionato (mai concretizzatosi).

La scelta di Istanbul è quasi obbligata, dato che nella primavera del 2022 fu proprio la metropoli sul Bosforo a ospitare l’ultimo vero tentativo di dialogo tra le delegazioni dei due Paesi. Ma l’intero processo naufragò dopo l’emergere dei crimini commessi dalle truppe russe a Bucha, alle porte di Kyiv.

Secondo quanto riferito dal Washington Post, la delegazione russa dovrebbe essere guidata dal consigliere presidenziale Yury Ushakov. Il Kyiv Independent segnala anche il viceministro degli Esteri Mikhail Galuzin, il direttore dell’Intelligence Igor Kostyukov e il viceministro della Difesa Alexander Fomin. Oltre a Putin, a dare forfait potrebbe essere anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, secondo quanto riferisce Kommersant.

La variabile decisiva, quella delle sorprese dell’ultim’ora, esiste ed è rappresentata dagli Stati Uniti. Il segretario di Stato Marco Rubio sarà presente a Istanbul, insieme ai consiglieri presidenziali Steve Witkoff e Keith Kellogg. Entrambi sono considerati esponenti dell’ala più favorevole a una trattativa con Mosca, anche al prezzo di concessioni territoriali.

Senza Putin e Trump, i colloqui si ridurranno quasi certamente a un incontro tecnico tra ministri. In caso contrario, se a sorpresa decidessero di presentarsi entrambi, Zelensky potrebbe rischiare di trovarsi al tavolo con un documento già scritto e sotto la pressione incrociata di Trump e Lavrov, forse ancora peggio della situazione che gli capitò nello Studio Ovale. Il silenzio di Putin, osservano fonti diplomatiche europee, serve anche a mantenere il controllo dell’iniziativa – e a dare all’uomo forte del Cremlino, come Jep Gambardella, il poter di far fallire le feste.

Tra le ipotesi circolate nei corridoi diplomatici c’è una possibile apertura statunitense al riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea in cambio di una rinuncia da parte di Mosca alle rivendicazioni su altri territori attualmente contesi. Ma il Cremlino, riferiscono fonti europee, pone ancora due condizioni irrinunciabili: la cessazione degli aiuti militari occidentali all’Ucraina e un impegno formale a escludere qualsiasi presenza futura di truppe NATO o UE nel Paese.

La Casa Bianca, a quanto si apprende, starebbe parallelamente esercitando pressioni su Kyiv affinché non faccia saltare il tavolo, lasciando intendere che l’eventuale rifiuto di Zelensky di trattare potrebbe compromettere il flusso di aiuti militari per la seconda volta dopo il clamoroso strappo dello Studio Ovale di fine febbraio.

Il centro di analisi indipendente Re: Russia, fondato dall’ex consigliere di governo Kirill Rogov, ha intanto messo in guardia Kyiv da un possibile “trappolone” negoziale. Secondo uno studio pubblicato nei giorni scorsi, il Cremlino punterebbe infatti a sfruttare l’urgenza diplomatica americana per ottenere concessioni strategiche in cambio di una tregua temporanea.

Il think tank sottolinea anche il tempismo della proposta. La data del 15 maggio coincide con la chiusura del viaggio di Trump in Arabia Saudita, dove il repubblicano ha siglato una serie di accordi bilaterali in materia di difesa, energia e cooperazione strategica. La tesi è che l’inquilino della Casa Bianca possa voler cercare un’altra vittoria da esibire al ritorno in patria.

Gli alleati europei più stretti, dalla Polonia alla Francia, sono contrariati dalla decisione americana di avviare negoziati diretti con Mosca senza coordinamento con Bruxelles.

La Turchia, ospite del vertice, si è finora limitata a garantire il supporto logistico all’incontro. Recep Tayyip Erdogan, coinvolto in videocollegamento anche nei recenti colloqui tra Trump e il leader siriano Ahmed al-Sharaa, non ha escluso una sua partecipazione in presenza, ma il suo staff non ha confermato nulla.

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Gennaro Mansi

Gennaro Mansi

Giornalista, si occupa principalmente di affari internazionali e di rapporti tra Occidente e Oriente A journalist with a background in comparative law, Gennaro mainly covers world affairs and West-East relations

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