A meno di 24 ore dall’incontro dal possibile incontro dell’anno, tutto (o quasi) tace.
Volodymyr Zelensky è pronto a volare a Istanbul per il faccia-a-faccia di giovedì con Vladimir Putin che diverrebbe il primo vertice diretto tra i due presidenti dall’inizio della guerra. Ma da Mosca, al momento, latitano conferme.
Il presidente ucraino ha ufficializzato martedì l’intenzione di partecipare a un nuovo round di negoziati in Turchia, a condizione che però dall’altra parte del tavolo sieda il capo del Cremlino in persona. “Se mi siedo con lui, deve esserci un risultato politico: un cessate il fuoco, oppure uno scambio di prigionieri ‘tutti per tutti’,” ha dichiarato il leader di Kyiv in un’intervista al quotidiano tedesco Der Spiegel. “Se non si presenta, significa che non è interessato a una soluzione politica, né per il suo Paese né per il nostro.”
A proporre il ritorno al tavolo negoziale era stato dopotutto lo stesso Putin, in un intervento notturno dell’11 maggio, poche ore dopo che quattro capi di Stato europei avevano firmato un ultimatum congiunto esigendo da Mosca un cessate il fuoco incondizionato (mai concretizzatosi).
La scelta di Istanbul è quasi obbligata, dato che nella primavera del 2022 fu proprio la metropoli sul Bosforo a ospitare l’ultimo vero tentativo di dialogo tra le delegazioni dei due Paesi. Ma l’intero processo naufragò dopo l’emergere dei crimini commessi dalle truppe russe a Bucha, alle porte di Kyiv.
Secondo quanto riferito dal Washington Post, a meno di sorprese dell’ultim’ora la delegazione russa dovrebbe essere guidata dal consigliere presidenziale Yury Ushakov. Una fonte interna al Cremlino, sentita dal network investigativo Agentstvo, ha confermato che al momento “non è previsto che Putin partecipi”. E a dare forfait potrebbe essere anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, secondo quanto riferisce Kommersant.
Mercoledì mattina il portavoce presidenziale russo Dmitrij Peskov ha sibillinamente dichiarato che la delegazione russa non è ancora stata composta. “Lo faremo quando riceveremo le opportune istruzioni dal Presidente”, le parole di Peskov, citato dall’agenzia di stampa Interfaks.
La variabile decisiva, quella delle sorprese dell’ultim’ora, esiste ed è rappresentata dagli Stati Uniti. Il segretario di Stato Marco Rubio sarà presente a Istanbul, insieme ai consiglieri presidenziali Steve Witkoff e Keith Kellogg. Entrambi sono considerati esponenti dell’ala più favorevole a una trattativa con Mosca, anche al prezzo di concessioni territoriali. Ma anche Donald Trump ha fatto sapere che potrebbe partecipare ai colloqui – a condizione però che partecipi anche Putin.
Tra le ipotesi circolate nei corridoi diplomatici c’è una possibile apertura statunitense al riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea in cambio di una rinuncia da parte di Mosca alle rivendicazioni su altri territori attualmente contesi. Ma il Cremlino, riferiscono fonti europee, pone ancora due condizioni irrinunciabili: la cessazione degli aiuti militari occidentali all’Ucraina e un impegno formale a escludere qualsiasi presenza futura di truppe NATO o UE nel Paese.
La Casa Bianca, a quanto si apprende, starebbe parallelamente esercitando pressioni su Kyiv affinché non faccia saltare il tavolo, lasciando intendere che l’eventuale rifiuto di Zelensky di trattare potrebbe compromettere il flusso di aiuti militari per la seconda volta dopo il clamoroso strappo dello Studio Ovale di fine febbraio.
Il centro di analisi indipendente Re: Russia, fondato dall’ex consigliere di governo Kirill Rogov, ha intanto messo in guardia Kyiv da un possibile “trappolone” negoziale. Secondo uno studio pubblicato nei giorni scorsi, il Cremlino punterebbe infatti a sfruttare l’urgenza diplomatica americana per ottenere concessioni strategiche in cambio di una tregua temporanea.
Il think tank sottolinea anche il tempismo della proposta. La data del 15 maggio coincide con la chiusura del viaggio di Trump in Arabia Saudita, dove il repubblicano ha siglato una serie di accordi bilaterali in materia di difesa, energia e cooperazione strategica. La tesi è che l’inquilino della Casa Bianca possa voler cercare un’altra vittoria da esibire al ritorno in patria.
Al momento, l’unico leader ad aver confermato la propria presenza a Istanbul è proprio Zelensky. Gli alleati europei più stretti, dalla Polonia alla Francia, sono contrariati dalla decisione americana di avviare negoziati diretti con Mosca senza coordinamento con Bruxelles. Senza Putin, i colloqui si ridurrebbero quasi certamente a un incontro tecnico tra ministri. Ma se il leader del Cremlino dovesse presentarsi all’ultimo momento, Zelensky rischierebbe di trovarsi al tavolo con un documento già scritto e sotto la pressione incrociata di Trump e Lavrov, forse ancora peggio della situazione che gli capitò nello Studio Ovale.
La Turchia, ospite del vertice, si è finora limitata a garantire il supporto logistico all’incontro. Recep Tayyip Erdogan, coinvolto in videocollegamento anche nei recenti colloqui tra Trump e il leader siriano Ahmed al-Sharaa, non ha escluso una sua partecipazione in presenza, ma il suo staff non ha confermato nulla.
Nessuna conferma, come detto, nemmeno dal Cremlino. Il silenzio di Putin, osservano fonti diplomatiche europee, serve anche a mantenere il controllo dell’iniziativa – e a dare all’uomo forte del Cremlino, come Jep Gambardella, il poter di far fallire le feste.