È bastato un video, pochi secondi ripresi in un parco, perché il volto di Shiloh Hendrix, donna bianca del Minnesota, diventasse uno dei più discussi della settimana. Dalle urla razziste rivolte a un bambino di colore fino alla trasformazione in eroina della destra radicale, la sua ascesa virale racconta molto di come si è evoluta, o forse deformata, la cultura digitale statunitense.
Dopo la diffusione della clip su TikTok, Instagram e X, è partita la caccia all’identità. Hendrix è stata subito identificata dagli utenti, indignati, che hanno chiesto di “renderla famosa” per esporla al pubblico disprezzo. Ma a rispondere, prontamente, è stato un fronte molto diverso: l’estrema destra.
In poche ore, la giovane è diventata simbolo di una crociata bianca, celebrata in meme, montaggi medievali e addirittura con la creazione di una criptovaluta a suo nome. Nel frattempo, la raccolta fondi lanciata dalla giovane su una piattaforma cristiana chiamata GiveSendGo, ha superato ogni previsione: dai 20mila dollari richiesti inizialmente si è passati a un obiettivo di un milione, con oltre 670mila già raccolti.
Nella sua campagna, Hendrix ha raccontato di essere stata vittima di “doxxing” la pratica di raccogliere e diffondere online informazioni personali e di temere per la sicurezza della propria famiglia, dopo aver semplicemente, a suo avviso, chiamato un ragazzino “per quello che era” in seguito a un furto al parco. Le prove, però, sono sotto gli occhi di tutti, e mostrano ben altro: un attacco verbale violento e privo di esitazione.
C’è chi tra i suoi sostenitori ha chiesto prove della sua “autenticità” e lei ha risposto prontamente: una foto con un cartello in cui campeggiava, senza giri di parole, “N word”. A quel punto, per la nuova destra identitaria, definita da alcuni “destra woke”, che si presenta come vittima di una cancel culture dominata dalla sinistra, non c’erano più dubbi: la ragazza andava difesa e celebrata.
La parola “N-word“ da cui derivano diverse varianti ha radici nella schiavitù e nell’oppressione razziale negli Stati Uniti. Per secoli è stata usata per degradare, umiliare e disumanizzare le persone di colore. È un termine che porta il peso di linciaggi, segregazione e disuguaglianza.
Nel tempo, una parte della comunità afroamericana si è riappropriata di questo termine, modificandolo foneticamente e culturalmente per trasformarlo in un segno di identità, resistenza o legame comunitario. In contesti informali o artistici come musica rap o stand-up comedy, può essere utilizzato per esprimere familiarità, solidarietà o affermazione.
Tuttavia, questo recupero non cancella il carico storico del termine. Quando una persona bianca la pronuncia, evoca inevitabilmente una dinamica di dominio e supremazia, anche se l’intento non è offensivo.