Si riaccende la tensione tra vertici politici e servizi segreti statunitensi, una nota riservata, ora declassificata, smentisce frontalmente una delle tesi più controverse sostenute dall’amministrazione Trump: l’ipotesi che il regime venezuelano di Nicolás Maduro guidasse le azioni criminali della gang Tren de Aragua, utilizzandola per destabilizzare gli Stati Uniti.
Secondo il documento, un “sense of the community” redatto dal Consiglio Nazionale di Intelligence e ora reso pubblico grazie al Freedom of Information Act, le agenzie americane non riterrebbero credibile alcun coordinamento tra il governo venezuelano e la nota organizzazione criminale.
Il testo, divulgato da Freedom of the Press Foundation, un’organizzazione no-profit statunitense nata per difendere, promuovere e finanziare il giornalismo d’inchiesta e la libertà di stampa, sottolinea anzi che Caracas considererebbe il gruppo una minaccia e lo combatterebbe attivamente.
Il testo evidenzia che, sebbene alcuni funzionari corrotti possano trarre vantaggio dalle attività della gang, non esiste una politica ufficiale di collaborazione da parte del governo. Il quadro tracciato è quello di una banda priva di un comando centralizzato, troppo frammentata per seguire direttive dalla classe dirigente.
La nota rappresenta un duro colpo alla narrativa usata da Donald Trump per invocare Alien Enemies Act, l’unica norma del XVIII secolo ancora rimasta, che faceva parte di un pacchetto legislativo volto a rafforzare il controllo del governo federale contro stranieri ritenuti pericolosi, applicata solo in contesti bellici. Appellandosi a quell’atto, il presidente aveva ordinato l’immediata deportazione di cittadini venezuelani verso una prigione di massima sicurezza in El Salvador, sostenendo che stavano agendo sotto “direzione, palese o segreta, del regime di Maduro”.
La stampa americana, in particolare The New York Times e The Washington Post, aveva già messo in discussione la veridicità di tali affermazioni. Le rivelazioni provocarono la reazione furiosa del Dipartimento di Giustizia, che aprì un’indagine per fuga di notizie e accusò i media di distorcere informazioni classificate. Tuttavia, proprio la pubblicazione del documento da parte dell’intelligence conferma che quelle notizie erano sostanzialmente corrette.
Lauren Harper, rappresentante della Freedom of the Press Foundation, ha dichiarato che la declassificazione dimostra come il contenuto sarebbe dovuto essere reso pubblico fin dall’inizio, e non usato come pretesto per limitare la libertà di stampa.
La comunità di intelligence, ad eccezione della Federal Bureau of Investigation FBI, la principale agenzia investigativa federale degli Stati Uniti, si è mostrata compatta nel respingere l’ipotesi di un coinvolgimento diretto del governo venezuelano. L’FBI, aveva sostenuto che alcuni funzionari potrebbero aver favorito la migrazione di membri di TDA verso gli Stati Uniti, vedendoli come strumenti per destabilizzare governi sudamericani e nordamericani. Ma tale tesi si basa su testimonianze di soggetti arrestati e ritenute in larga parte non attendibili dal resto delle agenzie.
Il documento chiarisce che molte di queste affermazioni provenivano da detenuti con validi motivi per gonfiare o inventare i propri legami con il regime, nel tentativo di ottenere vantaggi processuali. Nessuna prova concreta, come flussi finanziari o comunicazioni dirette tra autorità venezuelane e leader del gruppo criminale, è stata mai raccolta.
Nonostante ciò, la Casa Bianca ha continuato a difendere la linea adottata. Tulsi Gabbard, direttrice dell’intelligence nazionale, ha accusato i media di voler sabotare gli sforzi presidenziali per proteggere l’incolumità nazionale. Il Dipartimento di Giustizia, inoltre, ha promesso un giro di vite sulle indagini per fughe di notizie, citando proprio gli articoli del Times e del Post come esempi di danno alla sicurezza.
Ma con la declassificazione del memorandum, emergono nuove ombre sull’intera operazione politica e giudiziaria. La Corte, per ora, ha evitato di esprimersi sulla veridicità delle affermazioni del presidente, ma American Civil Liberties Union, ACLU, un’organizzazione no-profit americana che si occupa di difendere e promuovere i diritti civili e le libertà individuali, ha chiesto formalmente che i venezuelani deportati vengano riportati negli Usa per affrontare regolari procedimenti di immigrazione.