“Quando eravamo una nazione più seria non esitavamo a rinchiudere i peggiori criminali.” Con queste parole, il presidente Donald Trump ha annunciato l’intenzione di riaprire Alcatraz, la leggendaria prigione della Bay Area a San Francisco, chiusa da oltre sessant’anni e da tempo trasformata in attrazione turistica.
In un post su Truth Social, il politico ha descritto il progetto come una risposta al degrado della sicurezza pubblica e ha spiegato di voler destinare l’isola ai “criminali più spietati e violenti degli Usa”.
Il piano prevede una ricostruzione e un ampliamento sostanziale della struttura, in collaborazione con il Bureau of Prisons, il Dipartimento di Giustizia, l’FBI e la Sicurezza Interna. Secondo il leader del GOP, il Paese sarebbe ostaggio di “teppisti e giudici pavidi” che impediscono l’espulsione di delinquenti entrati illegalmente, e la nuova Alcatraz rappresenterebbe un ritorno a un’America “più seria”.
Ma il suo annuncio ha scatenato una raffica di reazioni critiche. L’ufficio del governatore della California Gavin Newsom ha liquidato la proposta come una “distrazione”, utile solo a distogliere l’attenzione dalle difficoltà economiche legate alle tariffe e dalle controversie legali sulle deportazioni. Anche l’ex speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha bollato l’idea come “non seria”, mentre il senatore democratico Scott Wiener ha parlato apertamente di un “progetto squilibrato” e ha sottolineato come Trump sembri voler trasformare Alcatraz in un “gulag americano”.
Al di là della retorica politica, l’ipotesi della riapertura del carcere solleva numerosi interrogativi pratici. L’ex colonia penale è oggi gestita dal National Park Service, che lo scorso anno ha stanziato quasi 50 milioni di dollari per la messa in sicurezza e il restauro dell’iconico complesso, con lavori in corso fino al 2027. John Martini storico e autore statunitense ha ricordato che l’edificio fu chiuso nel 1963 anche a causa di gravi carenze strutturali e che riportarlo ai parametri moderni sarebbe un’impresa economicamente insostenibile.
Martini sostiene infatti che non sia minimamente adeguato agli standard attuali per la detenzione”, e ha aggiunto che il sito ha assunto nel tempo un ruolo simbolico: non solo luogo di reclusione, ma anche teatro di battaglie per i diritti civili, come l’occupazione da parte degli attivisti nativi americani tra il 1969 e il 1971. “Se tornasse a essere una prigione” si è domandato con amarezza” cosa accadrebbe a tutta quella storia?”.
Andando oltre la retorica politica e le polemiche contemporanee, Alcatraz resta uno dei luoghi più emblematici della storia americana. La sua trasformazione da fortezza militare a penitenziario federale, dal 1934 al 1963, ha forgiato un immaginario di isolamento estremo e durezza punitiva, rafforzato dalla presenza di criminali celebri come Al Capone e dalle leggendarie fughe impossibili. Dopo la chiusura, l’area è diventata simbolo di memoria collettiva e oggi come monumento storico nazionale accoglie milioni di visitatori.