Israele ha dato il via libera a un piano di espansione militare nella Striscia di Gaza che prevede l’occupazione prolungata dell’enclave palestinese.
La decisione è stata adottata all’unanimità dal gabinetto di sicurezza nella serata di domenica, come confermato lunedì da David Mencer, portavoce del primo ministro Benjamin Netanyahu: “Il nuovo approccio contempla l’espansione e il mantenimento del controllo territoriale, distinguendosi nettamente dalle precedenti operazioni basate su incursioni rapide”.
Secondo un alto funzionario israeliano che ha preso parte alla riunione, la strategia illustrata dal capo di Stato maggiore delle Forze di Difesa israeliane mira a infliggere un durissimo colpo contro Hamas e, al tempo stesso, favorire il ritorno degli ostaggi ancora trattenuti nella Striscia. “Il piano non è una semplice escalation, ma un cambio strutturale nel modo in cui Israele intende condurre il conflitto”, ha riferito la fonte.
Secondo le Nazioni Unite, dal 18 marzo, giorno in cui Israele ha formalmente interrotto la tregua con Hamas, circa il 70% del territorio di Gaza è stato dichiarato “zona rossa” o sottoposto a ordini di evacuazione, che hanno costretto centinaia di migliaia di civili palestinesi ad ammassarsi in aree sempre più ristrette.
Le operazioni militari ora però puntano alla conquista e al controllo diretto di nuove aree dell’enclave costiera. Una fonte all’interno dell’apparato militare ha confermato che l’operazione richiederà l’impiego di sempre più truppe di terra. Per questo le IDF si preparano a richiamare decine di migliaia di riservisti. “Stiamo emettendo ordini di mobilitazione su larga scala per rafforzare l’offensiva su Gaza”, ha dichiarato domenica il capo di Stato maggiore Eyal Zamir, intervenendo in una base della marina. “Opereremo in nuove aree e distruggeremo ogni infrastruttura — sia in superficie che nel sottosuolo”.
Lo scenario di un’occupazione totale della Striscia “resta sul tavolo”, ha precisato Mencer, secondo cui si tratta di un’operazione “logisticamente complessa, ma tecnicamente fattibile”. Mercer ha poi parlato di un’“espansione del controllo sul territorio” e non di una vera e propria “occupazione”, evitando di chiarire se tale controllo sarà temporaneo o indefinito.
Il portavoce ha infine affermato che Tel Aviv intende trasferire parte della popolazione civile di Gaza verso sud “per motivi di sicurezza”. Nessuna indicazione sui tempi e le modalità dello spostamento forzato, che secondo gran parte dei giuristi configurerebbe una palese violazione del diritto internazionale.
Parallelamente, il governo ha approvato un piano per la riorganizzazione della distribuzione degli aiuti umanitari all’interno della Striscia. Il progetto prevede la creazione di sei centri di distribuzione in aree controllate da Israele, dove gli operatori umanitari consegneranno viveri e beni essenziali direttamente a famiglie selezionate. La sicurezza dei centri sarà affidata a contractor statunitensi. Il piano, tuttavia, condiziona l’accesso agli aiuti all’esclusione di Hamas.
Secondo le ONG, la presenza di personale armato potrebbe generare disordini e violazioni del principio di imparzialità nella distribuzione degli aiuti. Unico contrario nel gabinetto è stato il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir, che — secondo fonti vicine alla discussione — avrebbe dichiarato che ci sarebbe già “abbastanza cibo a Gaza”.
I dati forniti dal Ministero della Sanità di Gaza indicano che, dalla ripresa delle ostilità a marzo, le operazioni israeliane hanno provocato oltre 2.400 morti e più di 6.400 feriti tra i palestinesi. Il bilancio complessivo, secondo le stesse fonti, supera i 52.000 decessi dall’inizio della guerra, il 7 ottobre scorso. Il ministero non distingue tra combattenti e civili, ma riferisce che la maggior parte delle vittime sono donne e bambini.
Ma la tensione ha tracimato dai confini israeliani. Domenica scorsa, un missile lanciato dagli Houthi yemeniti — gruppo sciita sostenuto dall’Iran — è caduto nei pressi dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, causando sei feriti e interrompendo il traffico aereo. Gli Houthi hanno rivendicato l’attacco nell’ambito di quello che definiscono un “blocco aereo totale” contro Israele e hanno invitato le compagnie straniere a sospendere i voli da e per il Paese.
Furioso, Netanyahu ha promesso una risposta: “Stiamo agendo contro di loro e continueremo a farlo”, ha detto il premier in un video diffuso via social. “Non si tratterà di un singolo ‘boom’ e via: ce ne saranno molti. Anche gli Stati Uniti sono coinvolti nelle operazioni, in coordinamento con noi”.