Il “Signalgate” fa la sua prima vittima. Coinvolto a metà marzo in una fuga di notizie militari riservate, al consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, Mike Waltz, gli sarebbe stato comunicato di lasciare il suo incarico per andare a ricoprire la carica di ambasciatore alle Nazioni Unite. Con lui si sarebbe dimesso anche il suo principale consigliere Alex Wong. Secondo Fox News, che gode di una linea preferenziale nelle comunicazioni con la Casa Bianca, Waltz verrebbe sostituito da Steve Witkoff, l’inviato di Trump che tratta con Vladimir Putin e amico personale strettamente legato anche negli affari con il presidente. Per ora comunque Marco Rubio oltre ad essere Segretario di Stato, temporaneamente ricoprirà anche la carica di Consigliere per la Sicurezza Nazionale.
Secondo alcuni media, la decisione di Trump sarebbe maturata in seguito al difficile rapporto tra Waltz e il capo dello staff del presidente, Susie Wiles con la quale è in disaccordo perché accusa il consigliere per la sicurezza nazionale di aver cercato di creare attriti all’interno della gerarchia della Casa Bianca. Durante una riunione privata, il vicepresidente JD Vance, il capo di gabinetto Susie Wiles e altri funzionari hanno suggerito a Donald Trump di licenziare Waltz dopo che quest’ultimo aveva accidentalmente incluso lo scorso 15 marzo un giornalista in una chat riservata su Signal. Nonostante le pressioni interne, Trump decise allora di non disfarsi immediatamente di Waltz, per evitare di dare l’impressione di cedere alle critiche, ma i suoi giorni all’interno dell’Amministrazione erano contati.
In questo ultimo mese le tensioni tra Waltz e Wiles sono poi continuate e ulteriormente deteriorate tanto che lunedì scorso a Waltz e Wong – secondo Fox News – sarebbe stato comunicato in modo discreto che il loro mandato al Consiglio per la Sicurezza Nazionale era giunto al termine. Waltz ha cercato di resistere partecipando ieri a una riunione di gabinetto, ma proprio alla fine della riunione Trump gli ha comunicato che sarebbe stato sostituito.
A giocare un ruolo importante nelle pressioni per la defenestrazione ci sono anche i sospetti da parte degli ortodossi dell’America First verso l’ex neocon, un tempo consigliere per l’anti-terrorismo dell’ex vice presidente di Dick Cheney, aperto avversario di Trump, con il quale ha mantenuto uno stretto rapporto di amicizia, entrambi in contrasto con l’orientamento isolazionista e anti-interventista prevalente nel movimento MAGA. Ex ufficiale delle Forze Speciali ed ex deputato della Florida, Waltz è noto per le sue posizioni da “falco” in politica estera. Ha sostenuto l’invio di consiglieri militari in Ucraina, ha proposto azioni offensive contro l’Iran e si è opposto al ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. Molti sostenitori di Trump lo vedono come un “vecchio” esponente dell’establishment repubblicano tradizionale, poco allineato con l’agenda “America First” aleggiando il sospetto che Waltz, fosse in qualche modo in contatto con il direttore di The Atlantic e che l’inserimento del suo nome nella chat su Signal non sia stato del tutto casuale.
Cade così la prima testa dell’Amministrazione Trump, coinvolto nella vicenda della chat sugli attacchi agli Houti nello Yemen in cui era stato incluso per errore Jeffrey Goldberg, direttore della rivista “The Atlantic”, che aveva poi pubblicato le discussioni riservate tra i massimi funzionari del Pentagono e della sicurezza nazionale sui piani che stavano elaborando per lanciare l’attacco militare.
Goldberg aveva inizialmente pubblicato il suo resoconto omettendo i dettagli operativi, tuttavia dopo che il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, la direttrice dell’Intelligence nazionale, Tulsi Gabbard, e il direttore della Cia, John Ratcliffe, negarono che le informazioni riservate fossero state condivise sulla chat, decise di pubblicare anche i particolari dell’attacco che erano stati discussi che includevano l’ora e le armi che sarebbero state usate.
Dopo che Waltz ammise l’autenticità di quanto pubblicato da Jeffrey Goldberrg i consiglieri di Trump discussero se fosse il caso che Walz lasciasse l’incarico, ma Waltz non ha presentato le sue dimissioni e Trump, allora, non gli ha chiesto di dimettersi. Pubblicamente, il presidente allora manifestò il suo sostegno definendo Waltz “un brav’uomo” che “ha imparato la lezione”.
“Il mondo ha scoperto poco prima delle 14 del 15 marzo che gli Stati Uniti stavano bombardando obiettivi Houthi in tutto lo Yemen. Io, invece, l’ho saputo due ore prima. E il motivo per cui l’ho saputo prima è che Pete Hegseth, il segretario alla Difesa, mi aveva inviato un sms con il piano di guerra alle 11.44”, aveva scritto Goldberg su The Atlantic. Mettendo in risalto la superficialità con cui questa amministrazione tratta questioni così delicate.
Anche se la chat su Signal era stata organizzata fuori dai canoni prescritti dai regolamenti del Pentagono dal segretario alla Difesa Pete Hegseth, il nome del giornalista di The Atlantic era stato aggiunto per errore da uno degli assistenti di Mike Waltz.
Donald Trump ha dichiarato di non sapere nulla di questa vicenda ma ne ha approfittato per attaccare The Atlantic, “rivista terribile”, come se la colpa del gravissimo errore fosse del giornalista. Poi nei giorni scorsi si è fatto intervistare da Jeffrey Goldberg al quale ha confidato che il suo secondo mandato è caratterizzato da un’influenza globale maggiore rispetto al primo. “La prima volta, dovevo fare due cose: gestire il paese e sopravvivere; avevo tutti questi tipi corrotti che mi perseguitavano. E la seconda volta, gestisco il paese e il mondo”.
Goldberg, nella sua intervista ha scritto che Trump è ancora ossessionato dal suo predecessore incapace di dimenticare Biden e che ancora sostiene che le elezioni del 2020 le ha perse per i brogli nonostante sia tornato alla Casa Bianca.