Donald Trump torna a evocare sanzioni contro la Russia, paventando la possibilità di colpire indirettamente Mosca attraverso misure secondarie destinate ai Paesi che continuano a importare petrolio, gas e uranio russi.
“Forse Putin non vuole davvero fermare la guerra — ha scritto il presidente su Truth Social — forse mi sta solo prendendo in giro. Va trattato in modo diverso, attraverso il sistema bancario o con sanzioni secondarie?”.
Un’uscita che non è passata inosservata. Il senatore repubblicano Lindsey Graham, storico sostenitore dell’Ucraina e tra i più vicini allo stesso Trump, ha colto l’occasione per rilanciare la propria proposta: “In Senato ho un disegno di legge bipartisan, con quasi 60 cofirmatari, che prevede dazi secondari contro qualunque Stato continui a commerciare prodotti energetici russi. Se Mosca non accetterà una pace giusta e duratura, il Congresso è pronto ad agire con ampia maggioranza”, ha scritto Graham su X.
Il provvedimento, presentato insieme al democratico Richard Blumenthal il primo aprile, era rimasto finora in secondo piano, anche perché il giorno successivo Trump aveva svelato una nuova aggressivissima politica tariffaria verso decine di partner commerciali — anche se tra questi non figurava la Russia (il cui interscambio commerciale con Washington si praticamente interrotto dopo l’aggressione dell’Ucraina).
Eppure qualcosa sembra essersi incrinato. L’occasione è stata il breve faccia a faccia tra Trump e Volodymyr Zelensky a margine dei funerali di Papa Francesco, nella cornice austera della Basilica di San Pietro. I due leader si sono intrattenuti per quindici minuti, tanto è bastato a innescare una virata diplomatica. La Casa Bianca ha definito l’incontro “molto produttivo”. Zelensky, da parte sua, ha parlato di “un colloquio che potrebbe passare alla storia”.
Un Trump insolitamente conciliante, colpito forse dalla drammaticità dell’evento e dal pressing incrociato di Emmanuel Macron e del premier britannico Keir Starmer, entrambi presenti in Vaticano. Come già avvenuto in passato, certi gesti simbolici sembrano fare breccia nell’ex presidente: accadde nel 2017, con la parata militare del 14 luglio sugli Champs-Élysées, e si ripeté nel 2019, in occasione della visita a Buckingham Palace.
Dopo l’incontro, Trump ha condannato l’escalation russa contro le città ucraine, citando gli attacchi missilistici contro aree residenziali. “Negli ultimi giorni Putin ha lanciato missili sui centri abitati — ha scritto — e questo mi fa pensare che non abbia alcuna intenzione di trattare”.
Parole pesanti, che si distaccano dalla retorica abituale maga. Finora, Trump aveva incentrato la sua narrativa sulle colpe di Kyiv, accusando Zelensky di aver respinto gli sforzi statunitensi per riconoscere la Crimea come territorio russo. Ma anche su questo fronte si è registrato un cambio di tono: “È stato Obama — ha scritto — a permettere alla Russia di rubare la Crimea”.
Tecnicamente, le sanzioni secondarie colpiscono chi fa affari con un Paese sanzionato, non il Paese stesso. Se un’azienda straniera continua a comprare energia dalla Russia, rischia infatti di essere tagliata fuori dal sistema finanziario americano. In sostanza: o con Mosca, o con il dollaro. È uno strumento che gli Stati Uniti usano per isolare indirettamente un avversario, costringendo anche i partner neutrali a scegliere da che parte stare.
Secondo gli esperti, l’eventuale introduzione di dazi secondari su Cina, India e Turchia, i tre principali acquirenti di energia russa, avrebbe impatto significativo. Pechino probabilmente resisterebbe a qualsiasi sanzione USA, ma Nuova Delhi e Ankara, strette tra interessi commerciali e instabilità valutaria, potrebbero verosimilmente cedere. E l’economia russa, già sotto pressione per l’inflazione e la fuga di capitali, difficilmente può permettersi di perdere ulteriori entrate dall’export energetico.
Il Cremlino, che confidava nella sintonia personale tra Trump e il mediatore statunitense Steve Witkoff, si ritrova ora in una posizione più esposta. Secondo fonti vicine a Zelensky, il presidente ucraino avrebbe sottolineato come Mosca, pur avendo firmato un cessate il fuoco sei settimane fa, continui a ignorarlo e a colpire deliberatamente i civili. “Io sono per la pace, loro per la morte”, avrebbe detto a Trump. Un messaggio semplice, brutale, veicolato nel cuore della cristianità.