I leader del mondo – fra cui Donald Trump e Volodymyr Zelensky, ma anche Joe Biden – e i fedeli si sono uniti per celebrare l’ultimo addio a papa Francesco in piazza San Pietro. Dopo le esequie celebrate dal decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re, la bara è stata traslata fra due ali di folla – forse 150mila persone – alla basilica di Santa Maria Maggiore sull’Esquilino, luogo di sepoltura prescelto da Francesco.

Dentro la bara – semplice di legno rivestita di zinco – dove giace Francesco anche il Rogito per il Pio transito e le monete del pontificato. Oltre 250 mila fedeli hanno reso omaggio alla salma negli ultimi giorni. L’omelia del decano cardinalizio, Giovanni Battista Re, fra l’altro ha richiamato l’impegno del defunto Papa per i migranti. “Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi – ha detto Re – costante è stata anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri. È significativo – ha quindi aggiunto – che il primo viaggio di Papa Francesco sia stato quello a Lampedusa, isola simbolo del dramma dell’emigrazione con migliaia di persone annegate in mare. Nella stessa linea è stato anche il viaggio a Lesbo, insieme con il Patriarca Ecumenico e con l’Arcivescovo di Atene, come pure la celebrazione di una Messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Messico”.

I leader del mondo ai funerali di Papa Francesco, 26 aprile 2025; Donald Trump in prima fila /askanewsProle che poco risuoneranno nell’animo dei circa 50 capi di Stato e reali da tutto il mondo atterrati a Roma per prendere parte ai funerali. Donald Trump è arrivato a Fiumicino accompagnato dalla moglie Melania. È il suo primo viaggio di Stato all’estero dall’inizio del secondo mandato, e la sua presenza è al centro di incontri diplomatici soprattutto per l’Ucraina.
Dietro alla premier Meloni, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e ai vari leader mondiali, tra le navate di San Pietro, il testamento mortuario del Papa ha riservato un grande spazio ai più fragili, migranti, senza tetto, vittime di tratta, le uniche vere persone di cui ha sempre desiderato circondarsi, segnando la dimensione umile e di strada del suo pontificato.

Il Conclave per la successione di Francesco inizierà solo a metà settimana. Sono circa 120 i cardinali elettori del prossimo Pontefice. Due terzi sono stati nominati da Papa Francesco e rispecchiano in gran parte la sua visione di una Chiesa più inclusiva.
Nella Cappella Sistina i cardinali presteranno giuramento di assoluto segreto; nei giorni del Conclave non possono avere alcun rapporto col mondo esterno; niente giornali e soprattutto ai nostri giorni niente smartphone. Anche per questo il fascino della cerimonia coi suoi riti antichi resta immutato.
Impossibile oggi dire chi sia il favorito anche se in molti si esercitano nel toto nomi. Dopo un papa polacco, uno tedesco e uno argentino tornerà un italiano? In pole position Pietro Parolin, Segretario di Stato di Papa Francesco, 70 anni, vicentino, fine diplomatico. A lui si deve la firma del protocollo con la Cina per la nomina dei vescovi.
Fra gli italiani poi si parla di Matteo Zuppi, romano 69 anni, presidente della Cei, del francescano Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, costante promotore di pace; del diplomatico poliglotta Claudio Gugerotti.
Fra i conservatori il candidato di punta invece è l’Arcivescovo di Budapest, Peter Erdo, 72 anni, esperto di diritto canonico, ratzingheriano di ferro.
Se la Chiesa fosse pronta per un Papa africano, il più quotato è l’arcivescovo di Kinshasa, Fridolin Ambongo, frate cappuccino, uno dei cardinali che si oppose alle benedizioni per le coppie omosessuali, volute da papa Francesco.
Fra i più vicini al pensiero del pontefice defunto, invece, il filippino Luis Antonio Tagle, 67 anni, creato da Benedetto XVI, nome più quotato per l’Asia, e ancora l’Arcivescovo di Marsiglia, Jean Marc Aveline, 66 anni, teologo francese, nato in Algeria.
Ma anche Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma e Juan José Ornella, arcivescovo di Barcellona e un passato da missionario al servizio degli ultimi.
Si voterà ogni giorno, mattina e pomeriggio, finché un candidato non ottiene la maggioranza dei due terzi. E quindi due volte al giorno dal camino della Sistina esce la fumata nera o bianca, prodotto dalle schede bruciate colorata da una sostanza chimica.
Dopo 30 votazioni, basterà la maggioranza semplice.
Al candidato eletto viene chiesto se accetta e, in caso affermativo, quale nome scelga come pontefice. Poi indossa i paramenti papali per la presentazione – tre set di abiti sono preparati dai sarti vaticani per ogni evenienza.
Il decano dei cardinali Giovanni Battista Re si affaccerà sul balcone principale della Basilica di San Pietro, davanti ai fedeli allertati dalla fumata bianca, e proclamerà “Nuntio vobis gaudium magnum: Habemus papam” – “Vi annuncio una grande gioia: Abbiamo un papa.”