Negli ultimi tempi, l’appeal verso gli Stati Uniti sembra essersi affievolito. In base ai dati dell’International Trade Administration, un’agenzia del Dipartimento del Commercio con il compito principale di promuovere e supportare lo scambio internazionale, i viaggi verso il Paese sono diminuiti del 12% in un solo mese, segnando il primo calo significativo dalla pandemia. Le cause sono riconducibili a una serie di fattori: dai timori legati a detenzioni e deportazioni, dal clima politico ostile, dalla minaccia di dazi aggressivi e da un’immagine sempre meno accogliente agli occhi dei viaggiatori.
A marzo, i visitatori provenienti dall’Europa occidentale sono calati del 17%, quelli dall’America Centrale del 24% e dai Caraibi del 26%. L’ondata di rinunce ha colpito anche paesi tradizionalmente alleati come Germania e Spagna, registrando flessioni che arrivano fino al 33%.
Adam Sacks presidente di Tourism Economics, un campo di studio che si concentra sull’analisi e la comprensione degli aspetti economici legati al settore del turismo, ha precisato che la reazione degli stranieri era del tutto prevedibile: una combinazione di politiche e retorica che risultano divisive, aggressive e isolazioniste avrebbe allontanato milioni di potenziali visitatori. Alcuni turisti, ha spiegato, sono frenati da timori per la sicurezza o preoccupati dalla possibilità di vivere brutte esperienze alla frontiera, altri, semplicemente, non si sentono più i benvenuti.
Nel frattempo, anche l’Unione Europea ha cominciato a dotare i propri funzionari diretti negli USA di telefoni riservati, per timori legati alla sorveglianza. E mentre i governi inaspriscono gli avvisi di viaggio, molti cittadini optano per mete alternative: restano nel proprio continente, oppure puntano su Canada, Messico o destinazioni esotiche.
Allo stesso tempo, i dati diffusi dal governo canadese confermano la tendenza: i trasferimenti verso gli USA in auto sono calati del 32% e quelli in aereo del 13,5%. Dall’altro lato del confine, anche il traffico aereo dal Messico ha subito una contrazione del 17%.
Il contesto attuale desta profonda preoccupazione nel settore. Prima del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, i flussi internazionali stavano finalmente tornando ai livelli pre-Covid. Se il trend negativo dovesse proseguire, si stima una perdita che potrebbe arrivare fino a 9 miliardi di dollari entro il 2025. L’industria del turismo, che lo scorso anno ha generato 1,3 trilioni di dollari e sostenuto 15 milioni di posti di lavoro, rischia di perdere un motore fondamentale dell’economia.
Anche l’American Society of Travel Advisors, la principale associazione mondiale di professionisti dell’ambito turistico, ha invitato alla cautela: tra Pasqua slittata ad aprile e il giorno in più di febbraio bisestile, qualche oscillazione era attesa. Tuttavia, secondo il vicepresidente Michael Schottey, l’attuale scenario merita attenzione.
La White House ha ridimensionato le preoccupazioni, affermando che l’agenda del presidente Trump focalizzata sul rendere l’America “ricca, sicura e nuovamente bella” non scoraggerà i visitatori, ma anzi contribuirà a rafforzare l’immagine che hanno del Paese a stelle e strisce.