Il 15 maggio, la Corte Suprema ascolterà le argomentazioni sull’ordine esecutivo con cui il presidente Trump intende abolire il diritto di cittadinanza automatica per chiunque nasca negli Stati Uniti.
L’amministrazione aveva chiesto ai giudici di revocare o limitare gli ordini a livello nazionale che bloccavano l’azione esecutiva del leader MAGA, che gli stati a guida democratica e le organizzazioni per la difesa degli immigrati affermano essere in contrasto con la storia della nazione ed anticostituzionale.
Qualora dovesse essere approvata, la riforma negherebbe la cittadinanza ai neonati aventi genitori non americani. Secondo i primi dati, l’ordine riguarderebbe non meno di 150.000 bambini l’anno. L’EO di Trump è stato bloccato a livello nazionale da tre tribunali distrettuali in tutto il Paese.
L’amministrazione repubblicana aveva cercato di limitare queste restrizioni per consentire l’entrata in vigore della politica in alcune parti o nella maggior parte del Paese, mentre si svolgevano le sfide giudiziarie. Tale aspetto dovrebbe essere al centro delle discussioni dell’Alta Corte il 15 maggio.
Il diritto di cittadinanza per nascita è stato sancito subito dopo la guerra civile nel 14° emendamento della Costituzione. Tuttavia, Trump e i suoi sostenitori hanno sostenuto che dovrebbero esistere standard più severi per diventare cittadini americani, un qualcosa che egli ha definito “un dono inestimabile e profondo” nell’ordine esecutivo che ha firmato subito dopo essere tornato alla Casa Bianca.
L’amministrazione ha inoltre affermato che i figli degli irregolari non sono “soggetti alla giurisdizione” degli Stati Uniti, e pertanto non hanno diritto alla cittadinanza. Trump ha detto di essere “molto felice” che la Corte Suprema ascolterà le sue argomentazioni. Il presidente ha anche osservato che il 14° Emendamento, è stato ratificato subito dopo la Guerra Civile. Ha dunque suggerito che la legge “riguarda solo la schiavitù”. “Se la vedessimo da questa prospettiva, vinceremmo la causa”, ha concluso.
Finora i giudici si sono pronunciati all’unanimità contro l’amministrazione. Il Dipartimento di Giustizia, da canto suo, sostiene che i singoli magistrati non hanno il potere di applicare le loro sentenze su scala nazionale.
L’agenzia federale ha inoltre sostenuto che tali provvedimenti “ostacolano le politiche cruciali del potere esecutivo su questioni che spaziano dalla sicurezza dei confini alle relazioni internazionali, dalla sicurezza nazionale alla prontezza militare”.