Martedì il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo che richiede al Dipartimento del Commercio di aprire un’indagine sull’impatto dell’importazione di minerali critici sulla sicurezza nazionale. L’obiettivo del governo è quello di imporre ulteriori dazi su tali elementi.
Come si legge nel provvedimento firmato dal leader MAGA, “La dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni e la vulnerabilità delle nostre catene di approvvigionamento sollevano il potenziale rischio per la sicurezza nazionale, per la prontezza della difesa, per la stabilità dei prezzi e per la prosperità economica”.
I minerali critici e gli elementi delle terre rare costituiscono un gruppo specifico di materiali che vengono depositati solo in quantità relativamente piccole e possono essere utilizzati in vari settori, tra cui l’elettronica, la sanità e nelle batterie. I nuovi dazi verrebbero emessi in base alla Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, che consente al presidente di imporre tariffe per proteggere l’incolumità del Paese.
Una legge di cui il governo si sta già servendo per applicare ulteriori tariffe sulle importazioni di prodotti farmaceutici e semiconduttori. L’obiettivo di Trump e della sua amministrazione è quello di rafforzare la produzione interna. Tuttavia, nel caso dei minerali critici, trattandosi comunque di elementi naturali, potrebbe essere alquanto complesso per gli USA aumentare la loro produzione homemade.
Attualmente gli Stati Uniti estraggono e lavorano quantità ridotte di litio, hanno solo una miniera di nichel ma nessuna fonderia, e non hanno miniere o raffinerie di cobalto. Da canto suo, il mese scorso, il presidente ha firmato un ordine che invoca i poteri di guerra previsti dal Defense Production Act per espandere la produzione mineraria nazionale degli Stati Uniti.
Naturalmente, i potenziali dazi sui minerali critici rappresenterebbero anche un nuovo capitolo nella disputa economica tra gli USA e la Cina, leader di questo particolare settore. Secondo gli addetti ai lavori, ad oggi gli Stati Uniti dipendono eccessivamente da Pechino per ciò che riguarda le importazioni di risorse minerarie. Secondo la Casa Bianca, se Trump dovesse imporre i dazi sui minerali critici di una nazione, l’aliquota in questione sostituirebbe le tariffe reciproche promosse dal presidente all’inizio di questo mese.
L’ordine prevede anche una revisione delle capacità del Paese di produrre i cosiddetti semilavorati, tra cui i catodi delle batterie e le turbine eoliche.
Da canto suo, ad inizio aprile, la Cina, in risposta alle tariffe trumpiane, ha imposto restrizioni all’esportazione di terre rare, una mossa che ha ulteriormente esacerbato le preoccupazioni dei funzionari di Trump in materia di approvvigionamento.
Le restrizioni promosse da Pechino sono state viste come l’ultima dimostrazione della capacità del Paese di basare il proprio dominio sull’estrazione e sulla lavorazione di minerali critici.