Le truffe online non sono certo una novità, ma l’avvento dell’intelligenza artificiale sta cambiando radicalmente il panorama del crimine informatico. Oggi, ciò che un tempo richiedeva giorni di lavoro può essere realizzato in pochi minuti da malintenzionati con strumenti basati su AI.
Un recente rapporto di Microsoft ha messo in luce la portata allarmante del fenomeno: solo nell’ultimo anno, l’azienda ha eliminato circa 500 domini web dannosi e bloccato fino a 1,6 milioni di tentativi di registrazione di rebot ogni ora.
Vasu Jakkal, vicepresidente di Microsoft Security, ritiene che i gruppi criminali negli ultimi 12 mesi si siano quintuplicati, passando da 300 a 1.500. Ha attribuito gran parte di questo incremento alla diffusione delle tecnologie intelligenti, che hanno reso più semplice, rapido ed economico creare siti truffaldini.
Ha spiegato che oggi chiunque è in grado acquistare un vero e proprio kit online per costruire una frode digitale: c’è chi sviluppa il software, chi realizza l’infrastruttura e chi si occupa di ospitare il sito web. Inoltre, l’intelligenza artificiale viene utilizzata non solo per generare contenuti come descrizioni di prodotti, immagini e recensioni, ma anche per realizzare video di influencer fittizi che aumentano la credibilità delle pagine sponsorizzate.
Una delle strategie più subdole, ha continuato Jakkal, è l’impersonificazione dei domini: basta modificare una sola lettera nell’indirizzo di un sito reale per trarre in inganno l’utente medio, che spesso non si accorge della trappola.
Per contrastare queste minacce, Microsoft ha potenziato la protezione del suo browser Edge, che ora rileva errori di battitura e segnala agli internauti potenziali siti truffaldini, impedendo l’accesso. Il sistema utilizza algoritmi di apprendimento automatico per bloccare le minacce prima che raggiungano la homepage.
Jakkal ha dichiarato che l’obiettivo della multinazionale è intervenire ovunque vi sia il rischio che qualcuno possa cadere vittima di una frode, inserendo barriere digitali che aiutino i consumatori a fermarsi e riflettere prima di agire.
Anche Scott Shackelford, direttore del Center for Applied Cybersecurity Research dell’Università dell’Indiana, ha riconosciuto gli sforzi della società, sottolineando però l’importanza di una collaborazione più ampia tra settore pubblico e privato. A suo avviso, l’impegno delle grandi aziende tecnologiche in alleanze istituzionali sarebbe un segnale concreto di serietà nella lotta contro il crimine informatico.