In un crescendo di accuse, Donald Trump torna a puntare il dito contro uno dei programmi giornalistici più noti della televisione americana: “60 Minutes” prodotto da CBS. Il Presidente ha accusato lo show di essere uno strumento di propaganda ostile alle sue politiche e ha chiesto alla Federal Communications Commission FCC, una commissione indipendente del governo che regola le comunicazioni, di intervenire con multe e punizioni esemplari.
Secondo il leader del GOP, la trasmissione avrebbe oltrepassato ogni limite nel weekend appena trascorso, dedicandogli due servizi che, a suo dire, lo avrebbero rappresentato in modo “dispregiativo e diffamatorio”. Uno dei contenuti era incentrato sulla guerra in Ucraina, conflitto che secondo il repubblicano non sarebbe mai scoppiato se le elezioni del 2020 non fossero state, “truccate”. L’altro invece approfondiva la questione della Groenlandia e dell’intenzione, attribuita alla sua amministrazione, di acquistarla, un’ipotesi che, sempre a suo avviso, sarebbe stata raccontata in modo distorto e fuorviante.
Le dichiarazioni sono state diffuse tramite Truth, il social network da cui Trump è solito lanciare i suoi attacchi mediatici. Si è proclamato “onorato” a dover citare in giudizio la CBS, “60 Minutes” e la casa madre Paramount, accusandoli di aver condiviso informazioni fraudolente e di aver tentato, senza successo, di favorire l’elezione di Kamala Harris nell’ultima campagna. Ha anche sottolineato che l’intervista alla vicepresidente democratica sarebbe stata manipolata in modo scorretto, con risposte alterate per finalità politiche.
Non è certo la prima volta che il repubblicano si scaglia contro i media mainstream. Negli ultimi mesi, il Presidente ha esteso la sua crociata contro Associated Press AP, rea, di non aver rispettato un ordine esecutivo che imponeva l’utilizzo della denominazione “Golfo d’America” in luogo del tradizionale “Golfo del Messico”. In risposta, l’amministrazione ha revocato l’accesso dell’agenzia alla Casa Bianca e ad altri eventi ufficiali. Il caso è finito in tribunale, con il colosso dell’informazione americana, che sosteneva come l’esclusione avesse violato il Primo Emendamento. Dopo una battaglia durata alcuni mesi un giudice federale ha ordinato alla Casa Bianca di ripristinare le autorizzazioni ad AP per accedere alle conferenze.
In questa nuova battaglia contro la rete televisiva, Trump si è però rivolto direttamente alla FCC, e al presidente Brendan Carr, per chiedere di applicare “il massimo delle multe e delle punizioni”. Ha affermato che CBS non agirebbe come un programma d’informazione, ma come uno strumento politico camuffato da notiziario, e che per questo dovrebbe essere chiamata a rendere conto del proprio operato.
Tuttavia, la richiesta del Presidente ha più valore ideologico che giuridico. La FCC, infatti, non ha il potere di censurare contenuti o revocare licenze televisive sulla base delle opinioni espresse. Le norme federali garantiscono ampi margini di libertà alla stampa, anche quando i messaggi risultano controversi o polarizzanti.
“The Donald” ha concluso lo sfogo con il suo slogan più iconico: “Make America Great Again” – Rendi l’America di nuovo grande -, lasciando intendere che lo scontro con i media, è tutt’altro che terminato.