Non si è fatta attendere la reazione dell’amministrazione Trump di fronte al rifiuto di Harvard, lunedì, di adeguarsi a una serie di richieste aper continuare a ricevere 9 miliardi di dollari di finanziamenti federali. In serata, i funzionari federali hanno annunciato che avrebbero congelato 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni pluriennali destinate ad Harvard, oltre a un contratto da 60 milioni di dollari.
Harvard è stata la prima università Ivy League a ribellarsi alla Casa Bianca. In una dichiarazione, il presidente Alan M. Garber ha annunciato “Abbiamo informato l’amministrazione attraverso il nostro consulente legale – si legge nella nota – che non accetteremo l’accordo proposto. L’Università non rinuncerà alla sua indipendenza né ai suoi diritti costituzionali”.
Qualche settimana fa, i funzionari della General Services Administration, del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani e del Dipartimento dell’Istruzione avevano fatto recapitare a Garber una lista di richieste da soddisfare per mantenere le relazioni finanziarie di Harvard con il governo federale”. Una di queste, per esempio, è la compilazione di relazioni trimestrali da inviare al Governo per garantire di essere conformi “almeno fino alla fine del 2028”, ovvero quando terminerà il mandato del presidente Donald Trump. L’elenco è ampio e prevede anche “riforme” nella governance e nella leadership della scuola, modifiche alle politiche di ammissione e di assunzione.
Secondo la lettera dell’Amministrazione, Harvard avrebbe dovuto accettare una verifica da parte di un ente esterno per garantire la “diversità dei punti di vista” tra il “corpo studentesco, i docenti, il personale e la leadership” della scuola. Oltre alla “cessazione delle iniziative DEI (“Diversità, Equità, Inclusione”), il Governo ha chiesto l’eliminazione di altri dieci corsi perché sarebbero pieni di “antisemitismo o altri pregiudizi”, tra cui la Divinity School e vari programmi sui diritti umani e/o sul Medio Oriente. I funzionari federali prendono di mira, come sempre, soprattutto gli attivisti propalestinesi, accusando di “attività antisemite” alcuni gruppi studenteschi come l’Harvard Palestine Solidarity Committee, l’Harvard Graduates Students 4 Palestine, il Law Students 4 Palestine, lo Students for Justice in Palestine e il National Lawyers Guild, e chiedono contro di loro il divieto di accesso al campus con una sanzione “non inferiore alla sospensione”.
“La prescrizione dell’Amministrazione – ha scritto Garber nella sua risposta – va oltre il potere del governo federale. Viola i diritti del Primo Emendamento di Harvard e supera i limiti statuari dell’autorità del Governo ai sensi del Titolo VI. Minacci i nostri valori di istituzione privata dedita al perseguimento, alla produzione e alla diffusione della conoscenza”.
Finora, l’Amministrazione Trump ha colpito sette università con richieste e minacce di trattenere i fondi federali: Brown, Columbia, Cornell, Harvard, Northwestern, University of Pennsylvania e Princeton. Harvard è la prima a opporsi apertamente alle richieste. Il resto ha espresso molta preoccupazione.
La Columbia, tuttavia, ha già in gran parte capitolato, accettando una serie di direttive che hanno modificato le policy in materia di proteste e sicurezza nel campus, dopo che Trump ha minacciato di ritirare circa 400 milioni di dollari di fondi federali. Tra queste, l’assunzione di 36 “agenti speciali” per la sicurezza, in grado di allontanare le persone dal campus e persino di effettuare arresti, e di un nuovo rettore senior che riveda i programmi della scuola sul Medio Oriente.