La chiamano senza giri di parole “Trump surcharge”, sovratassa di Trump. È la nuova voce che compare sempre più spesso sulle ricevute d’acquisto negli Stati Uniti, in risposta all’impennata dei dazi sulle importazioni dalla Cina. Alcune aziende la fissano a 5 dollari, altre la calcolano in percentuale, fino a sfiorare il 40% del totale.
I costi delle politiche commerciali volute dal presidente vengono scaricati direttamente sui consumatori, e la responsabilità, nero su bianco, attribuita a chi siede nello Studio Ovale.
Ryan Babenzien, fondatore del marchio Jolie, che vende soffioni per doccia di fascia alta, ha spiegato al Wall Street Journal che introdurrà a breve una tariffa supplementare chiamata proprio “Trump Liberation Tariff”. L’importo sarà flessibile, legato all’andamento della guerra commerciale e all’impatto effettivo sulle forniture, tutte prodotte in Cina.
“Credo nella trasparenza”, dice. “E do pieno credito a Trump per aver deciso di far ricadere questi costi su ogni singolo americano”.
C’è chi ha già messo in pratica l’idea. Dame, un’azienda di prodotti per il benessere sessuale, ha inserito da settimane un “Trump Tariff Surcharge” da 5 dollari sui propri ordini. La CEO Alexandra Fine ammette che non copre neanche lontanamente i costi aggiuntivi — le sue linee di produzione si trovano nel sud della Cina — ma spiega che fingere normalità non era più sostenibile. Accanto alla dicitura, per chi avesse dubbi, compare anche un’icona stilizzata: il celebre ciuffo biondo, marchio di fabbrica del tycoon newyorkese.
“È una questione di principio”, aggiunge Fine. “Vogliamo che i clienti capiscano dove finiscono i loro soldi”.
Con le tariffe sui prodotti cinesi salite al 145% da gennaio, molte imprese stanno cercando soluzioni: anticipare gli ordini, rinegoziare con i fornitori, ritoccare i prezzi. Altre, come Jolie, scelgono la strada della denuncia aperta.
“Non credo che la gente si renda conto di quanto pagherà di più per ogni singolo acquisto”, insiste Babenzien, che sta invitando altri imprenditori a rendere esplicito l’effetto dei dazi sui prezzi.
Nel frattempo, i social si dividono. Su Reddit, alcuni utenti elogiano l’iniziativa: “Così almeno è chiaro cosa sta succedendo”. Altri temono che un attacco frontale a Trump possa irritare una parte della clientela.
BigBadToyStore, società specializzata in action figures e collezionabili, ha scelto invece un tono più istituzionale: il fondatore Joel Boblit ha inviato una lettera ai clienti per spiegare che, dopo l’ultimo pacchetto di tariffe, i prezzi dei prodotti preordinati saranno maggiorati tra il 15% e il 40%.
“Odio farlo, ma non dipende da noi”, scrive. Il 90% del suo catalogo proviene da Cina e Vietnam. Se i dazi verranno ridotti, promette, la sovrattassa verrà eliminata. I clienti che non accettano il rincaro possono cancellare l’ordine.
Anche Scott Mencken, CEO di LittleMachineShop.com, azienda californiana di utensili di precisione per hobbisti e laboratori, sta valutando un’operazione simile. Già nel 2018, durante il primo mandato Trump, aveva spiegato ai clienti con un banner fisso sul sito perché i prezzi stavano salendo.
Oggi, mentre attende di capire l’impatto effettivo delle nuove misure, il tono si fa più ironico: “Continueremo a tenere gli occhi chiusi, le dita nelle orecchie e la musica al massimo ancora per una settimana. La nostra ignoranza è la vostra felicità, almeno sugli articoli in saldo”.