È un gioco crudele quello che l’Amministrazione Trump sta conducendo su un immigrato legale estradato per sbaglio a El Salvador.
Kilmar Abrego Garcia, con permesso di soggiorno regolare, un lavoro e una moglie americana con cui ha un figlio nato negli Stati Uniti, è stato portato via in catene il 15 marzo e spedito nella prigione di massima sicurezza di El Salvador, dove sono rinchiusi i terroristi. È stato accusato di essere membro di una gang venezuelana Tren de Aragua. Ancora sta in carcere dopo che il Dipartimento della Giustizia ha ammesso che la sua deportazione era stata decisa per errore e dopo che giovedì sera la Corte Suprema federale, all’unanimità, aveva ordinato alla Casa Bianca di “facilitare” il suo rimpatrio.
“Non lo voglio negli Stati Uniti” aveva scritto nei giorni scorsi il presidente Donald Trump. Affermazioni a cui aveva fatto eco la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt: durante un incontro con i giornalisti, aveva detto che Abrego Garcia non sarebbe stato rimpatriato.
Venerdì 11 aprile, nel tribunale federale di Greenbelt, in Maryland, gli avvocati del Dipartimento della Giustizia hanno detto alla giudice Paula Xinis, che la settimana scorsa aveva emesso l’ordinanza di immediata scarcerazione, che i tempi da lei imposti erano “impraticabili”.
Durante l’udienza, la giudice ha chiesto a Drew Ensign, avvocato del Dipartimento di Giustizia, dove Abrego Garcia si trovasse. Ma Ensign ha risposto che i funzionari dell’Amministrazione non gli avevano dato le informazioni. Di rimando, Xinis ha domandato cosa avesse fatto finora la Casa Bianca per “facilitare” il rientro di Abrego Garcia. Ensign, con il sorriso sulle labbra, ha replicato che il Ministero “non è ancora disposto a fornire i particolari”.

“Ciò significa che non è stato fatto nulla”, ha affermato con evidente frustrazione Xinis, indisposta dalla sfrontata indifferenza dell’avvocato che, in un documento scritto aveva suggerito che il Governo avrebbe risposto alle domande della magistrata martedì prossimo.
In sostanza, gli avvocati del Dipartimento della Giustizia hanno violato l’ordine della giudice di fornire tutti i dettagli sul rimpatrio di Abrego Garcia, sostenendo di non avere l’autorità di riportarlo a casa poiché ora si trova sotto la custodia di El Salvador. L’Amministrazione Trump ha rilanciato che, secondo nuovi accertamenti, farebbe parte dell’MS-13, una gang salvadoregna che a febbraio è stata classificata dagli Stati Uniti come un’associazione terrorista.
A conclusione dell’udienza la giudice ha ordinato all’avvocato del Dipartimento della Giustizia che, finché Abrego Garcia non verrà rimpatriato, dovrà essere aggiornata quotidianamente sulla sua posizione, sulla sua situazione, sugli sforzi intrapresi per riportarlo a casa e su quali azioni potrebbero essere necessarie in futuro per il suo rimpatrio.
L’udienza di venerdì si è svolta mentre la Casa Bianca si prepara a ospitare lunedì prossimo il presidente salvadoregno Nayib Bukele. La portavoce della Casa Bianca Leavitt si è rifiutata di ipotizzare la fattibilità per Bukele di portare Abrego Garcia a bordo del suo aereo.
Simon Sandoval-Moshenberg, l’avvocato che rappresenta Abrego Garcia, ha affermato il Dipartimento di Giustizia si rifiuta di rispettare l’ordine della magistrata. Il legale ha detto di aver trovato “terrificante” la mancanza di risposte e il cinismo indifferente dell’Amministrazione. “Mi rattrista molto che la prima domanda che il giudice abbia rivolto all’avvocato del Governo sia stata: dove si trova Kilmar Abrego Garcia e sotto quale custodia? E anche a questa domanda basilare l’avvocato del Dipartimento della Giustizia non è stato in grado di rispondere… è terrificante. È inumano”
Sandoval-Moshenberg ha inoltre dichiarato che se il Governo non si impegnerà a fornire gli aggiornamenti ordinati dalla giudice Xinis chiederà “di adottare le misure appropriate”.
Alla domanda se crede che il Dipartimento della Giustizia stia volutamente rallentando il ritorno di Abrego Garcia, Sandoval-Moshenberg ha affermato che l’Amministrazione sta cinicamente giocando con la vita di un uomo “mandando davanti al giudice un avvocato che afferma di non sapere cosa stia succedendo. Una cattiveria inumana di questa amministrazione”.