Un emendamento approvato alla Commissione Affari Sociali della Camera potrebbe segnare una svolta per molti italiani all’estero. Con l’adozione della modifica all’articolo 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, il sistema sanitario nazionale è pronto a estendere le proprie prestazioni a una categoria di connazionali che, fino ad oggi, è sempre rimasta esclusa: i cittadini italiani residenti in Paesi non appartenenti all’Unione Europea e non aderenti all’Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA).
L’emendamento prevede una novità sostanziale: i cittadini iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), ma residenti in Paesi non appartenenti all’UE e all’EFTA, potrebbero eventualmente versare un contributo fisso annuo di 2.000 euro per accedere alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Il contributo, che sarà dovuto al momento della richiesta della tessera sanitaria nazionale, dovrà essere effettuato attraverso modalità elettroniche previste dalla legge sull’amministrazione digitale, e le risorse raccolte affluiranno direttamente nei bilanci delle singole regioni e province autonome in cui risiedono le strutture sanitarie locali.
Il governo italiano ha giustificato questa iniziativa come un atto di equità, destinato a colmare il divario che esiste tra i cittadini italiani residenti in Europa e quelli che vivono in altre parti del mondo. “Con l’introduzione del contributo – dicono dalla maggioranza – si punta a garantire a tutti gli italiani, indipendentemente dal luogo in cui risiedono, la possibilità di usufruire dei servizi sanitari nazionali”.
Una modifica che, però, non è esente da critiche. Alcuni osservatori ritengono che l’importo fissato per il contributo annuo possa risultare eccessivo per molte persone, specialmente per chi vive in Paesi con standard economici inferiori rispetto all’Italia.
Non manca poi la discussione sulla sostenibilità di questa misura nel lungo periodo. Sebbene l’emendamento preveda che l’attuazione della legge non comporti oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, il monitoraggio dell’effettiva efficacia del contributo e la gestione delle risorse raccolte rimarranno punti cruciali. La somma annuale di 2.000 euro potrebbe non essere sufficiente a coprire tutti i costi sanitari per i cittadini all’estero.
Per il momento, l’approvazione dell’emendamento sembra rispondere a una crescente esigenza di uniformità, provando a garantire una tutela sanitaria più equa per tutti gli italiani. Ma la vera sfida si giocherà sul campo dell’implementazione pratica, per evitare che il divario tra le diverse categorie di cittadini si ripresenti sotto altre forme. Il dibattito è aperto, e non sarà facile trovare un equilibrio che soddisfi tutte le parti coinvolte.