“La grande e bellissima legge di bilancio” di Donald Trump è in dirittura di arrivo dopo che anche la Camera con 216 voti a favore e 214 contrari ha approvato le linee guida del bilancio federale. Il Senato l’aveva passata sabato scorso. Ora verrà avviato il processo di riconciliazione per amalgamare le stesure della stessa legge che hanno sfumature diverse nelle due proposte approvate dai due rami del Congresso.
Un modo non molto usato questo per una legge di bilancio che ha consentito ai repubblicani di aggirare il filibuster, l’ostruzionismo della minoranza al Senato. Sia ben chiaro: la risoluzione approvata non è la legge di bilancio in sé, ma sono le linee guida di spesa per il governo federale fino al 31 dicembre 2025 in modo di aprire la strada ai lavori della commissione per redigere il piano del bilancio federale e includere i piani chiesti dal presidente.
Le due versioni approvate peraltro non coincidono. Quello della Camera prevede almeno 1.500 miliardi di dollari di tagli alla spesa in dieci anni e consente 4 mila miliardi di dollari di tagli fiscali; se i tagli alla spesa aumentano, anche i tagli fiscali potranno aumentare. Il piano del Senato, invece, fissa solo 4 miliardi di dollari di tagli alla spesa e permette oltre 5 mila miliardi di dollari di tagli fiscali. I senatori hanno dichiarato che in futuro punteranno a tagli molto più ampi, ma per ora hanno voluto mantenere questa flessibilità nella preparazione della legge.
Con questa manovra la legge di bilancio, che deve essere approvata entro la fine dell’anno, avrà una procedura preferenziale. E, anche se entrerà in vigore nel 2026, si tratta di una grande vittoria dei repubblicani e della Casa Bianca che ora possono pianificare i tagli fiscali e le spese per i prossimi anni.
Gran parte delle agevolazioni fiscali, il Tax Cuts and Jobs Act di Trump del 2017, scade infatti il 31 dicembre e i repubblicani non solo hanno voluto rinnovarlo – al costo di 5.500 miliardi di dollari –, ma hanno aggiunto nuovi tagli delle tasse per le aziende e raddoppiato i finanziamenti all’Homelad Security e all’Immigration and Customs Enforcement (ICE) per le deportazioni degli immigrati illegali.
Per alcuni giorni alla Camera una trentina di repubblicani del Freedom Caucus, la frangia più conservatrice, aveva detto che non avrebbero sostenuto la proposta approvata dal Senato perché non venivano ridotte le spese in modo consistente. Per rassicurare i falchi questa mattina, prima del voto, lo speaker della Camera Mike Johnson e il leader della maggioranza al Senato John Thune si sono presentati insieme al Congresso rassicurando i colleghi sui tagli previsti in modo da ottenere il voto per l’approvazione del piano fiscale. All’unisono hanno affermato che erano determinati a ridurre drasticamente le spese federali. Hanno convinto tutti i loro compagni di partito, meno due, Thomas Massie e Victoria Spartz.
Il leader della maggioranza repubblicana al Senato, Thune, ha affermato che molti senatori sono favorevoli a un taglio di almeno 1.500 miliardi di dollari alla spesa. Garanzie che però non sono contenute nel testo approvato e non riflettono necessariamente la volontà della maggioranza dei senatori sul testo definitivo. Tuttavia questo è bastato per far passare il progetto di bilancio alla Camera.
Per ora sia Johnson che Thune hanno rimandato le decisioni più complicate, presentando il voto di oggi come una semplice questione procedurale e promettendo ulteriori discussioni in futuro.
Con le elezioni di Mid Term che si terranno nel novembre del prossimo anno molti deputati repubblicani che nei loro distretti sono stati eletti per una manciata di voti, temono che la linea “dura” dei falchi potrebbe agevolare i democratici e, mentre concordano sull’estensione dei tagli fiscali in scadenza alla fine dell’anno e alle centinaia di miliardi di dollari per la sicurezza dei confini e la lotta all’immigrazione illegale, sono indecisi sui tagli alla spesa, in particolare sul Medicaid, l’assistenza sanitaria per i più poveri per la quale i “Fiscal Conservative” vogliono imporre requisiti lavorativi. Inoltre i “falchi” vogliono anche ridurre il contributo federale al Medicaid. Proposte peraltro non condivise da alcuni senatori, tra cui Susan Collins del Maine, Lisa Murkowski dell’Alaska e Josh Hawley del Missouri.
Sul fronte fiscale poi i repubblicani sono divisi su altre questioni. I parlamentari degli Stati a forte imposizione fiscale vogliono un aumento del tetto delle detrazioni dall’imponibile. Ora la cifra forfettaria è di 10 mila dollari sulle tasse pagate allo Stato e al Comune. Aumentando le detrazioni a farne le spese sarebbero i singoli Stati che sarebbero costretti a tagliare i programmi scolastici e sociali.
Alcuni repubblicani, soprattutto negli Stati del Sud, vogliono mantenere gli incentivi fiscali per l’energia pulita, ampliati dai democratici nel 2022 e che stanno generando investimenti nei loro distretti, mentre altri li considerano superflui dopo le leggi varate dalla Casa Bianca sulle trivellazioni petrolifere e sulle estrazioni di carbon fossile, rendendole un facile bersaglio per recuperare centinaia di miliardi di dollari.
Insomma la partita è ancora tutta da giocare, ma oggi con il voto alla Camera è cominciato il primo tempo.