Al Congresso tira aria di ammutinamento tra i repubblicani. Dopo che la Casa Bianca ha lanciato la guerra commerciale, un gruppo bipartisan di senatori sta presentando una risoluzione per abrogare i dazi doganali.
Un’aria di fronda che, anche se per motivi diversi, sta contagiando la Camera e che potrebbe mettere a rischio l’agenda della Casa Bianca. Per questo martedì sera il presidente ha esortato i parlamentari del suo partito ad approvare con urgenza la legge di bilancio. Intervenendo alla cena del National Republican Congressional Committee (NRCC) a Washington, ha chiesto ai parlamentari di smettere di “fare i pavoni” e mettere da parte “protagonismo ed esibizionismo” e di unirsi per approvare la risoluzione di bilancio già approvata dal Senato.
Secondo CNN, lo speaker Mike Johnson e i vertici repubblicani della Camera hanno intensificato nelle ultime ore i tentativi di convincere l’ala più rigida del partito, il Freedom Caucus, che conta circa 30 parlamentari, a sostenere la misura, in vista del voto previsto nei prossimi giorni. Già mercoledì mattina la Commissione Regolamenti della Camera si è riunita per preparare l’iter per cercare di far passare la risoluzione. Ma le difficoltà non sono sull’agenda dei lavori, perché il Congresso da venerdì chiuderà le porte per 2 settimane, ma per convincere i parlamentari a votarla.
La proposta è già stata approvata al Senato e ora deve essere approvata in seconda battuta dalla Camera. Non può essere modificata perché la proposta è il risultato del “reconciliation”, una scappatoia usata dal Senato per evitare che i democratici bloccassero l’iniziativa chiedendo la votazione con la maggioranza qualificata. I margini per il dissenso sono molto stretti perché i repubblicani hanno la maggioranza alla Camera con solo 7 voti e già molti parlamentari del GOP hanno detto che sono contrari.
Al Senato, il repubblicano Rand Paul e il democratico Ron Wyden hanno presentato una proposta di legge, sottoscritta anche dal leader della minoranza Chuck Schumer e dai senatori democratici Tim Kaine, Jeanne Shaheen, Peter Welch ed Elizabeth Warren.
“I dazi sono tasse e il potere di imporre tasse appartiene al Congresso, non al presidente”, ha dichiarato Paul in una dichiarazione. “I nostri Padri Fondatori erano chiari: la politica fiscale non dovrebbe mai essere nelle mani di una sola persona. Abusare dei poteri di emergenza per imporre dazi generalizzati non solo fa aumentare i costi per le famiglie americane, ma calpesta anche la Costituzione. È ora che il Congresso riaffermi la sua autorità e ripristini l’equilibrio di potere.”
Paul è stato un fermo critico dei dazi durante il suo mandato e si è costantemente opposto all’uso di dichiarazioni di emergenza per aggirare il Congresso.
Secondo un comunicato stampa, la proposta sarà trattata come una risoluzione privilegiata che dovrà essere votata in aula al Senato. Se approvata, la risoluzione annullerebbe lo stato di emergenza dichiarato da Trump con un ordine esecutivo per imporre i dazi.
“Trump sta trascinando la nostra economia in recessione – ha dichiarato Wyden -, distruggendo posti di lavoro e azzerando i fondi pensione degli anziani in questo preciso istante. Basta. Nessun presidente dovrebbe avere il potere di tassare tutto ciò che gli americani acquistano senza dover rendere conto al Congresso. A meno che i Repubblicani non si uniscano ai Democratici e non riprendano il potere del Congresso sulla politica commerciale, il danno potrebbe richiedere anni per essere invertito.”
Questo è solo l’ultimo tentativo bipartisan a Capitol Hill di frenare l’azione esecutiva di Trump sui dazi.
La scorsa settimana, una risoluzione che revocava le tariffe di Trump contro il Canada è avanzata al Senato, con Paul e i senatori repubblicani Susan Collins del Maine, Lisa Murkowski dell’Alaska e Mitch McConnell del Kentucky che si sono uniti ai Democratici per approvare la misura con un voto di 51 a 48. Paul era uno dei promotori di quella risoluzione, presentata da Kaine. Il giorno seguente, i senatori Chuck Grassley, repubblicano dell’Iowa, e Maria Cantwell, democratica del Washington, hanno presentato il Trade Review Act del 2025, che obbligherebbe il presidente a notificare al Congresso eventuali nuovi dazi entro 48 ore dall’imposizione.
Ma mentre il Senato già guarda al futuro, per Trump la sfida più immediata viene dalla Camera. Lo speaker Mike Johnson sta affrontando la maggiore rivolta interna di quest’anno. Ha solo un paio di giorni per cercare di convincere i suoi colleghi prima che i membri lascino la città e i “falchi fiscalisti” per ora sono monolitici contro l’alzamento del tetto di spesa approvato dal Senato. A peggiorare le cose ci si è messo anche Trump che con un suo post su Truth Social ha affermato che la proposta “farà tagli alla spesa pubblica per circa miliardi di dollari”. Il Freedom Caucus ne chiede il triplo.
Per ora i dazi hanno unificato il partito democratico. Il leader della minoranza democratica alla Camera Hakeem Jeffries ha formalmente sfidato lo Speaker a discutere il progetto di bilancio in aula. Finora, senza presentare nessuna prova, i repubblicani hanno affermato che il dibattito non è necessario perché i tagli alla spesa federale riguardano solo sprechi, frodi e abusi che l’ufficio affidato a Musk sta scoprendo. Affermazioni smentite dall’ufficio apartitico del Congresso, il Congressional Budget Office, che ha confermato che, in base al testo della proposta di bilancio pendente alla Camera, non vi sono altre fonti da cui possano provenire riduzioni di tale portata se non si fanno pesanti tagli all’assistenza sanitaria.