Erano impegnati nelle operazioni di soccorso in una Myanmar devastata da uno dei più violenti terremoto mai registrati dal 1912, quando i tre operatori dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale USAID sono stati licenziati.
La decisione, arrivata a missione ancora in corso, ha lasciato i funzionari senza alloggio a Mandalay, costringendoli a dormire in strada assieme ai residenti locali, ancora terrorizzati da possibili scosse di assestamento.
Secondo quanto riportato da Marcia Wong, ex vice amministratrice dell’Ufficio per l’assistenza umanitaria di USAID, l’episodio ha avuto un impatto profondamente demoralizzante sul personale. Wong ha sottolineato come il team stesse lavorando intensamente per garantire l’arrivo tempestivo degli aiuti, e ha criticato apertamente la scelta dell’amministrazione Trump di interrompere i contratti mentre era ancora in corso un’attività operativa.
I lavoratori, ha sottolineato Wong all’agenzia di stampa Reuters, erano stati informati della cessazione del rapporto solo al termine della scorsa settimana. Seppure la loro collaborazione terminerà formalmente soltanto tra alcuni mesi, gli effetti hanno avuto un impatto immediato: sono stati tagliati fondi e licenziati appaltatori in vari uffici federali. Il Dipartimento per l’Efficienza del Governo, fortemente voluto dal miliardario Elon Musk, ha ridotto al minimo l’operatività di USAID, nell’ottica di un piano più ampio per eliminare “spese inutili”.
Nel frattempo, sei senatori democratici hanno duramente attaccato l’amministrazione in carica parlando di “fallimento umanitario”, hanno inoltre denunciato il ritardo e l’inadeguatezza degli Stati Uniti nella risposta alla crisi. Nel paese devastato dal sisma, che ha causato oltre 3.300 vittime, sono invece tempestivamente intervenute Cina, Russia e India.
Da Bruxelles, il segretario di Stato Marco Rubio ha respinto le accuse, sostenendo che i rallentamenti non sono imputabili allo smantellamento dell’organizzazione, ma alle difficoltà operative all’interno di un contesto ostile come quello birmano. Rubio ha inoltre affermato che il governo militare del Myanmar ostacola deliberatamente l’azione degli Stati Uniti e ha ribadito che Washington non intende più sostenere da sola il peso degli interventi umanitari globali, invitando le altre potenze economiche a fare la propria parte.
Anche le Nazioni Unite hanno confermato che la giunta militare sta imponendo pesanti restrizioni all’ingresso e alla distribuzione degli aiuti nello Stato.
Fondata nel 1961, USAID rappresenta il principale strumento del governo statunitense per fornire assistenza e strumenti di sviluppo. Attiva in oltre 100 paesi, promuove interventi in ambiti strategici come la lotta alla povertà, la salute, l’educazione, la risposta ai disastri naturali e il sostegno alla democrazia.
Attraverso missioni civili, progetti sul campo e partnership con organizzazioni internazionali e locali, la struttura mira a costruire società più stabili, inclusive e resilienti. Il suo operato è spesso decisivo nelle emergenze: fornisce aiuti immediati in caso di guerre, carestie, epidemie e calamità.
Tuttavia, negli ultimi anni, l’agenzia è stata oggetto di pesanti tagli e ristrutturazioni, con un impatto diretto sulla sua capacità d’azione. Episodi come quello appena rilevato sollevano interrogativi sulla direzione futura della cooperazione americana e sulla sostenibilità di una presenza sempre più fragile nei teatri della crisi umanitaria mondiale.