È accaduto di nuovo. Un altro studente internazionale è stato arrestato dagli agenti dell’Immigration and Customs Enforcement ICE, questa volta in Minnesota. Un dottorando della Carlson School of Management è stato prelevato dalla sua abitazione fuori dal campus, in un’operazione che ha scatenato un’ondata di indignazione e proteste. Allievi e docenti denunciano una crescente repressione, mentre l’università e il governatore dello Stato Tim Walz chiedono spiegazioni alle autorità federali.
I responsabili dell’ateneo hanno espresso forte preoccupazione per l’accaduto, hanno dichiarato di non aver condiviso alcuna informazione con gli agenti e di non essere stati informati preventivamente di quanto stava per avvenire.
L’arresto del giovane si inserisce in un quadro più ampio di provvedimenti presi dall’amministrazione Trump nei confronti di studenti stranieri sospettati di avere legami con gruppi terroristici o di aver partecipato a proteste anti-israeliane. Episodi simili sono stati registrati alla Columbia University di New York, alla Tufts, in Alabama e a Boston, con circa 300 visti revocati su indicazione del segretario di Stato Marco Rubio. Il politico ha confermato l’orientamento rigoroso del governo e ha sottolineato, che i permessi verranno revocati quotidianamente a chiunque sia considerato una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale.
Tra i casi che hanno fatto più scalpore risulta quello di Mahmoud Khalil, ex studente laureato alla Columbia University, arrestato con l’accusa di aver organizzato proteste pro-Palestina. Anche Yunseo Chung, una studentessa di origini coreane, nonostante al momento la sua deportazione sia bloccata, è stata sottoposta a un procedimento di espulsione a seguito della sua partecipazione alle manifestazioni nel campus del Barnard College, a New York. Mentre Alireza Doroudi, uno studente iraniano che frequentava l’Università dell’Alabama, è stato arrestato dall’ICE nella sua residenza a Tuscaloosa.
La comunità accademica è in fermento: mobilitazioni e sit-in si moltiplicano nei campus, con studenti e docenti che denunciano la violazione del Primo Emendamento. Il preside della Carlson School of Management, del Minnesota, Jamie Prenkert, ha evidenziato come certi incidenti possano avere un impatto profondo sulle universitaria e ha ribadito il sostegno agli studenti internazionali in un periodo di crescente incertezza sulle politiche federali.
Nel frattempo, il dibattito si infiamma: i repubblicani difendono la loro scelte in ambito di sicurezza nazionale, mentre cresce l’attivismo in difesa della libertà di espressione. Le proteste non si placano e la tensione resta alta. Per molti giovani, il sogno americano sembra sempre più distante, sostituito dalla pesante ombra di un futuro precario.