La riforma delle norme per la cittadinanza italiana – quella per ius sanguinis, ovvero per i discendenti di italiani all’estero – secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani “tutela i veri italiani”; la norma, presentata a conclusione di un consiglio dei ministri, però in effetti rappresenta una stretta per chi è nato fuori dai confini.
Si otterrà la cittadinanza solo se l’ascendenza italiana risale a due generazioni o meno, ovvero serve aver avuto almeno un nonno (o un genitore) nato in Italia.
Il decreto legge, fortemente voluto dal ministro degli Esteri, modifica la norma attuale che permette a chiunque possa dimostrare di avere un ascendente italiano (un legame di sangue, appunto), anche lontano nel tempo, di ottenere la cittadinanza, indipendentemente dal luogo di nascita. Tuttavia per chi ha almeno un nonno italiano il processo dovrebbe essere molto più semplice: “Noi sosteniamo con questo decreto l’immigrazione di ritorno, gli italo-discendenti acquisteranno automaticamente la cittadinanza se nascono in Italia oppure se prima della loro nascita uno dei loro genitori cittadini ha risieduto almeno due anni continuativi nel nostro Paese” ha precisato Tajani. Inoltre “resterà cittadino chi in precedenza è già stato riconosciuto come cittadino o sarà riconosciuto come tale su una base di una domanda presentata entro la mezzanotte di ieri 27 marzo”.
L’obiettivo delle modifiche, ha spiegato Tajani, è evitare gli abusi e “tutelare i tantissimi comuni italiani che sono oberati di lavoro per la ricostruzione della cittadinanza, comuni che poi sono costretti a bloccare tutto il resto dell’attività amministrativa, così come sono bloccati i nostri consolati per fare queste pratiche, non per fare le pratiche che interessano i cittadini italiani che vogliono essere parte del nostro Paese”.
La legge come è stata fino ad oggi ha portato negli anni a un massiccio flusso di richieste, soprattutto dal Brasile e dal Venezuela, paesi che ospitano una numerosa comunità di discendenti di italiani emigrati durante il secolo scorso, comunemente noti come oriundi. “L’Argentina è passata dai circa 20.000 del 2023 a 30.000 riconoscimenti già l’anno successivo” ha detto Tajani; del resto si calcola che oltre la metà della popolazione argentina abbia ascendenze italiane vicine o remote. “Il Brasile è passato da oltre 14.000 nel 2022 a 20.000 lo scorso anno”.
Troppi evidentemente. La riforma secondo il ministro punta a “tutelare i cittadini italiani all’estero, i veri cittadini italiani all’estero”.
Al decreto legge – che dovrà essere convertito dal Parlamento in legge – si aggiungono due disegni di leggi. Il primo stabilisce che gli italo-discendenti devono esercitare i diritti e i doveri di cittadinanza almeno una volta ogni 25 anni. Insomma per restare italiani bisognerà votare o rinnovare il passaporto o aggiornare la carta d’identità o mantenere una situazione anagrafica regolare, come il pagamento delle tasse. Inoltre, per chi è nato all’estero, sarà obbligatorio registrare l’atto di nascita prima del compimento dei 25 anni. Dopo, non sarà più possibile richiedere la cittadinanza italiana. Il figlio minore di genitori cittadini italiani, se non nato in Italia, acquista la cittadinanza se risiede in Italia per almeno due anni, previa dichiarazione di volontà da parte dei genitori.
La riforma è completata da un secondo disegno di legge che rivede anche le procedure. I residenti all’estero non si rivolgeranno più ai consolati, ma ad un ufficio speciale centralizzato alla Farnesina. I consolati dovranno concentrarsi sull’erogazione dei servizi a chi è già cittadino e non più a “creare” nuovi cittadini. Anche le spese per richiedere la cittadinanza aumentano. Se inizialmente erano di 300 euro, dopo gennaio sono salite a 600 euro e ora si prevede un ulteriore aumento a 700 euro. “Essere cittadini italiani è una questione di grande responsabilità e la concessione della cittadinanza deve essere trattata con la dovuta serietà” ha commentato Tajani, secondo cui invece “nel corso degli anni, ci sono stati abusi e richieste di cittadinanza che andavano oltre il genuino interesse verso il nostro Paese. Verranno posti limiti precisi soprattutto per evitare abusi o fenomeni di commercializzazione dei passaporti italiani”.
Alla domanda di un giornalista che chiedeva se le regole varranno anche in casi come quello dell’argentino ex giocatore della nazionale di calcio Mauro Camoranesi (è solo un esempio,i latino americani naturalizzati italiani nella storia del calcio sono tanti), il ministro degli Interni Piantedosi ha replicato che non ricorda il caso specifico di Camoranesi ma in ogni caso pensa che ci siano già percorsi preferenziali “per meriti sportivi”. Che i tecnici delle squadre italiane non si preoccupino.