“Finalmente ti abbiamo presa.” Sarebbero state queste le parole rivolte dagli agenti dell’ICE a Jeanette Vizguerra al momento del suo arresto in Colorado. Attivista per i diritti degli immigrati e madre di quattro figli cittadini americani, la militante è una figura nota a livello internazionale: nel 2017 la rivista Time l’aveva inserita tra le 100 persone più influenti del pianeta. Il suo fermo ha scatenato un’ondata di indignazione, con politici locali e sostenitori che denunciano un vero e proprio atto di persecuzione politica.
Secondo testimoni, gli agenti dell’ICE avrebbero fermato la donna mentre si trovava a Denver, dopo che per giorni aveva notato veicoli non contrassegnati seguirla. L’arresto è avvenuto tra le proteste dei sostenitori, molti dei quali si sono radunati fuori dal centro di detenzione di Aurora per chiedere il suo rilascio.
Le reazioni delle autorità locali non si sono fatte attendere. Il governatore del Colorado, Jared Polis, e il sindaco di Denver, Mike Johnston, hanno condannato fermamente l’operazione, definendola una vera e propria repressione mascherata da applicazione delle leggi migratorie.
Johnston ha altresì dichiarato che non si tratterebbe di un’azione per la sicurezza della comunità, ma di una forma di intimidazione nei confronti dei dissidenti politici. Ha inoltre sottolineato che Vizguerra non ha precedenti penali significativi e che il suo unico “reato” risale al 2009, quando si dichiarò colpevole di aver utilizzato un numero di previdenza sociale falsificato per poter lavorare.
L’American Friends Service Committee, un’organizzazione non governativa fondata dalla comunità quacchera nel 1917, con l’obiettivo di promuovere la giustizia sociale, la pace e i diritti umani, ha denunciato l’arresto, definendolo “crudele e non necessario”. Secondo il gruppo, l’attivista, che ha dedicato la propria vita alla difesa delle famiglie di immigrati, sta subendo una detenzione ingiustificata che arreca “danni irreparabili” non solo ai suoi cari, ma all’intera comunità che ha sempre sostenuto.
La detenzione della militante si inserisce in un contesto più ampio di crescente rigidità nelle politiche migratorie degli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, l’ICE ha intensificato le operazioni contro gli immigrati irregolari, con un aumento delle detenzioni e delle deportazioni. Il dibattito sul tema resta fra i più divisivi nel paese, con l’amministrazione federale che giustifica le operazioni come necessarie per la sicurezza nazionale, mentre i difensori delle libertà fondamentali denunciano un clima di paura e repressione. L’inasprimento delle misure sta avendo un impatto significativo sulle comunità dei migranti, molte delle quali vivono nel timore costante di arresti improvvisi e separazioni familiari.