Viaggiare negli Stati Uniti può essere pericoloso di questi tempi? Non è un “travel warning” cioè un consiglio a non recarsi nel paese citato, ma sia Berlino che Londra hanno aggiornato le informazioni di viaggio per gli USA, per sottolineare che il possesso di un visto statunitense o di un’esenzione dall’obbligo di visto non garantisce l’ingresso.
Tre cittadini tedeschi sono stati detenuti negli ultimi giorni mentre cercavano di entrare negli Stati Uniti; episodi presi “molto seriamente” secondo un portavoce. Il ministero degli Esteri tedesco ha modificato il suo avviso martedì: ora include un promemoria sul fatto che l’approvazione tramite il sistema ESTA statunitense o il possesso di un visto per gli Stati Uniti non garantiscono automaticamente l’ingresso in ogni caso nel paese.
In uno degli episodi, un cittadino tedesco in possesso di Green Card, ovvero un permesso di soggiorno permanente è stato detenuto la scorsa settimana all’aeroporto di Boston dopo essere rientrato dal Lussemburgo. Secondo i familiari, si trova ancora in stato di detenzione. In un altro caso, un tedesco di 25 anni è stato fermato mentre attraversava il confine dal Messico con la sua fidanzata americana a febbraio, secondo quanto riportato dalla rivista Der Spiegel. È stato detenuto per due settimane prima di essere rimandato in Germania. Una donna di 29 anni, anch’essa fermata al confine tra Stati Uniti e Messico a gennaio, è stata rimandata in Germania la scorsa settimana.
I turisti provenienti dalla Germania e da altri paesi dell’UE di solito hanno accesso senza visto negli Stati Uniti per un massimo di 90 giorni, in base al sistema ESTA: basta comunicare l’intenzione di recarsi negli Usa.
Però “La decisione finale sull’ingresso di una persona negli Stati Uniti spetta alle autorità di frontiera statunitensi”, ha dichiarato mercoledì il portavoce tedesco, aggiungendo che lo stesso principio vale per le autorità tedesche.
Anche il Regno Unito ha aggiornato i suoi consigli di viaggio per i cittadini diretti negli Stati Uniti. Adesso le informazioni per i titolari di passaporto britannico, pubblicate online dal Ministero degli Esteri britannico, e aggiornate al 14 marzo, affermano che i viaggiatori “devono rispettare tutte le condizioni di ingresso, di visto e le altre condizioni di accesso. Le autorità statunitensi stabiliscono e applicano rigorosamente le regole di ingresso. Chi viola le regole, potrebbe essere soggetto ad arresto o detenzione”. Una versione archiviata della stessa pagina risalente a febbraio affermava solo che “le autorità negli Stati Uniti stabiliscono e applicano le regole di ingresso”.
All’inizio di marzo, alcuni media hanno riferito che una cittadina britannica è stata detenuta per più di 10 giorni al confine con gli Stati Uniti a causa di una possibile violazione delle condizioni del suo visto.Il ministero degli Esteri di Londra ha successivamente confermato che stava fornendo assistenza a una cittadina britannica detenuta dalle autorità americane. Secondo i media britannici, la donna è poi tornata nel Regno Unito.
La stretta sugli ingressi anche dei cittadini europei giunge dopo che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha firmato una serie di ordini esecutivi per rafforzare i controlli sull’immigrazione, la sicurezza delle frontiere e le procedure di verifica dei visti da quando è entrato in carica a gennaio.
Il Ministero degli Esteri tedesco ha dichiarato che sta esaminando se le recenti detenzioni siano casi isolati o parte di un cambiamento nella politica americana.
Secondo il New York Times, “Nelle ultime settimane, una serie di visitatori internazionali che cercavano di entrare negli Stati Uniti da altri paesi si sono visti negare l’ingresso ai posti di frontiera, portando alla loro deportazione nei paesi d’origine o a giorni, se non settimane, di detenzione… Questi episodi hanno sollevato preoccupazioni a livello internazionale su cosa possano aspettarsi i viaggiatori ai confini statunitensi”.
Preoccupazioni che spingono numerosi potenziali turisti o ricercatori o artisti a rimandare la visita in Usa. Anche perché alcune detenzioni e deportazioni di alto profilo dimostrano un’escalation nelle tattiche delle autorità dell’immigrazione, accusate di prendere di mira alcuni individui per le loro posizioni politiche o per il loro impegno in determinate cause.
Esemplare il caso di uno scienziato francese specializzato in ricerca spaziale, a cui è stato impedito di entrare negli Stati Uniti questo mese perché aveva sullo smartphone alcuni messaggi critici nei confronti delle politiche dell’amministrazione Trump sulla ricerca accademica. Il nome dello scienziato non è stato reso noto, ma secondo Le Monde, stava viaggiando per partecipare a una conferenza nei pressi di Houston. “Libertà di opinione, ricerca libera e libertà accademica sono valori che continueremo a difendere con orgoglio. Difenderò il diritto di tutti i ricercatori francesi di esservi fedeli, nel rispetto della legge”, ha dichiarato in un comunicato Philippe Baptiste, ministro francese dell’istruzione superiore e della ricerca. Baptiste ha scritto su X di aver richiesto un incontro d’emergenza con altri ministri europei per elaborare un piano a tutela della libertà accademica.
“L’Europa deve essere all’altezza della situazione per proteggere la ricerca e accogliere i talenti che possono contribuire al suo successo”, ha affermato.
E ancora: Jasmine Mooney, un’imprenditrice canadese, è stata detenuta al confine di San Diego mentre stava completando il processo per ottenere legalmente un visto di lavoro. È stata trattenuta per circa due settimane. “Non c’è stata alcuna spiegazione, nessun avvertimento. Un momento prima ero in un ufficio immigrazione parlando con un funzionario del mio visto di lavoro, che era stato approvato mesi prima e mi permetteva, da canadese, di lavorare negli Stati Uniti”, ha scritto su The Guardian. “Il momento successivo, mi è stato detto di mettere le mani contro il muro e sono stata perquisita come una criminale, prima di essere mandata in un centro di detenzione dell’ICE senza la possibilità di parlare con un avvocato.”
Ormai celebre e al centro di una battaglia giudiziaria il caso di Mahmoud Khalil, studente della Columbia e residente legale permanente negli Stati Uniti con una Green Card, arrestato da agenti federali, suscitando preoccupazioni tra i sostenitori della libertà di espressione e del Primo Emendamento. Il Dipartimento della Sicurezza Interna ha dichiarato di aver raccolto prove secondo cui Khalil stava sostenendo attivamente, ma non materialmente, Hamas. L’anno scorso aveva partecipato agli accampamenti pro-palestinesi alla Columbia University.
Ma anche Badar Khan Suri, studente di dottorato alla Georgetown University originario dell’India, arrestato lunedì sera nella sua casa di Arlington, in Virginia, da agenti mascherati che hanno dichiarato che il suo visto da studente era stato revocato. È stato accusato di “diffondere propaganda di Hamas e promuovere l’antisemitismo sui social media” e di avere “stretti legami con un noto o sospetto terrorista, che è un consigliere senior di Hamas”, secondo la portavoce del Dipartimento della Sicurezza Interna, Tricia McLaughlin. Gli avvocati di Suri hanno presentato una petizione per il suo rilascio, sostenendo che la detenzione è illegale. Giovedì un giudice ha ordinato all’amministrazione Trump di non deportare Suri in attesa di ulteriori decisioni del tribunale.
E la dottoressa Rasha Alawieh, cittadina libanese titolare di un visto H-1B, è stata detenuta questo mese all’aeroporto di Boston al suo rientro negli Stati Uniti. Secondo Tricia McLaughlin, Alawieh era stata a Beirut per partecipare al funerale del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. La Brown University aveva sponsorizzato il visto di Alawieh dopo averle offerto una posizione da ricercatrice. In precedenza, era stata titolare di un visto J-1.