Giovedì un giudice federale ha temporaneamente impedito alla Columbia University e al Barnard College di consegnare al Congresso i dossier disciplinari degli studenti coinvolti nelle protese pro-Pal, accogliendo così il ricorso di Mahmoud Khalil, un laureando a rischio espulsione.
La decisione, dunque, blocca almeno fino all’udienza di martedì prossimo la richiesta avanzata di una commissione della Camera guidata dai repubblicani, che minaccia il taglio di fondi federali in caso di mancata collaborazione da parte degli atenei.
Khalil, che è stato arrestato e rischia la deportazione per il suo ruolo nelle proteste universitarie contro Israele, insieme ad altri studenti identificati tramite pseudonimi, ha intentato causa all’inizio di questo mese per impedire alla Commissione per l’istruzione e il lavoro della Camera di ottenere i verbali disciplinari relativi alle dimostrazioni.
L’ordine del giudice, ora, arriva mentre la Columbia University affronta una scadenza, imposta dall’amministrazione Trump, per implementare importanti riforme che potranno garantirle i finanziamenti federali. L’università ha già perso 400 milioni di dollari: second il governo, infatti, l’ateneo non è riuscito a proteggere gli studenti ed il personale dall’antisemitismo, durante le proteste pro-palestinesi.
Il governo, tra le altre cose, ha richiesto alla Columbia di rivedere la propria definizione di antisemitismo e di cambiare le sue politiche di ammissione.
Giovedì scorso, un gruppo di professori di storia della Columbia ha scritto una lettera ai vertici dell’ateneo, esortandoli a respingere quelli che sono stati definiti come sforzi “autoritari” per dominare i college e le università.
“Se questo controllo dovesse realizzarsi, qui o altrove, renderebbe impossibile ogni vera ricerca storica e l’insegnamento”, hanno affermato i docenti, aggiungendo che gli interventi dell’amministrazione “mettono a rischio la nostra capacità di pensare onestamente al passato, al presente e al futuro”.
“Possono essere poste domande legittime sulle nostre pratiche e sui nostri progressi, e noi risponderemo”, ha invece dichiarato Katrina Armstrong, presidente della Columbia, “Ma non comprometteremo mai i nostri valori di indipendenza pedagogica, il nostro impegno per la libertà accademica o il nostro obbligo di seguire la legge”.