Il Segretario alla Sanità degli Stati Uniti Robert F. Kennedy Jr., in merito all’influenza aviaria che sta affliggendo il Paese, propone una soluzione controversa. Il politico ha suggerito di lasciare che il virus si diffonda liberamente tra gli allevamenti di pollame, al fine di identificare gli animali immuni. Un’idea che ha suscitato forti critiche da parte degli esperti, che avvertono dei gravi rischi per la salute pubblica, il benessere del bestiame e l’economia.
Nonostante il parere negativo degli specialisti, l’iniziativa di Kennedy è stata supportata anche dalla segretaria all’agricoltura, Brooke Rollins, che ha dichiarato che alcuni allevatori potrebbero essere disposti a sperimentarla. Tuttavia, sanitari come la dottoressa Gail Hansen, ex veterinaria statale del Kansas, come riportato dal quotidiano New York Times, hanno fermamente bocciato l’idea e sottolineato che qualsiasi infezione rappresenta un’opportunità per il virus H5N1 di mutare e diventare ancora più pericoloso, di mettere a rischio non solo gli animali ma anche i lavoratori e la salute umana.
Anche il dottor David Swayne, esperto di pollame, ritiene che permettere all’infezione di diffondersi potrebbe comportare morti dolorose per quasi il 100% dei “pennuti”, con gravi conseguenze per il loro benessere. Inoltre, la diffusione incontrollata della malattia porterebbe a pesanti perdite, tra cui quarantene prolungate e chiusura dei mercati commerciali.
Il Dipartimento dell’Agricoltura americano USDA, nel frattempo, sta concentrando gli sforzi sul rafforzamento delle misure di biosicurezza negli allevamenti per prevenire ulteriori propagazioni.
L’influenza aviaria ha avuto un impatto devastante sugli allevamenti di pollame, obbligando gli allevatori a abbattere grandi quantità di “galinacei”. Questo ha portato a una drastica riduzione della produzione di uova e causato una carenza sul mercato senza precedenti oltre a un aumento dei prezzi smisurato. I consumatori hanno dovuto far fronte a costi considerevoli per un prodotto di consumo essenziale. Pure le industrie alimentari che utilizzano l’ingrediente hanno visto aumentare i costi di produzione e hanno conseguentemente trasferito i rincari sui consumatori e aggravato l’inflazione nel settore.